Poesie

Poesia

Se vostro figlio vuole fare lo scrittore o il poeta sconsigliatelo fermamente. Se continua minacciatelo di diseredarlo. Oltre queste prove, se resiste, cominciate a ringraziare Dio di avervi dato un figlio ispirato, diverso dagli altri.

Maria Grazia Deledda

Una poesia a caso

Poesia
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Contrapposizioni – Edizioni Il Filo

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Non vado fiero di questa casa editrice, lo so, si tratta di editoria a pagamento con tutte le conseguenze del caso. Ero giovane, nel pieno della gioventù e della speranza di contare nel mondo, ma vado fiero di questo piccolo libretto.Dopo tanti anni, mi piace ancora. Mi ha insegnato tanto questa pubblicazione, sull'editoria, sulla pubblicità, sull'amore di quello che si fa e sul non svendere il proprio lavoro. Mi ha fatto pure vincere un paio di premi. Alla fine, è passato tanto tempo ma è stata una bella esperienza Segnalazione di merito per un'opera prima, Premio internazionale di poesia "San Domenichino – Città di massa" Targa segnalazione di merito per un'opera prima, Premio internazionale di poesia "San Domenichino – Città di massa" Premio Nazionale di Letteratura e Teatro Nicola Martucci

Qui trovi raccolte alcune delle mie poesie, sono solo anteprime, ma clicca sul titolo e troverai il testo completo. Oppure clicca qui per leggere una poesia a caso.

Quello che resta

di Stefano Giolo 27 Agosto 2021

Quello che resta

Quello che resta,
dopo,
non è la tristezza.

Non soffrirai, non starai peggio, non starai affatto.

Quello che resta,
dopo,
è l’assenza.
Il vuoto.
Un discorso sospeso,
degli avrei, farei, direi, sarei a sciogliersi indefinitamente nel tempo.

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L’ultima volta che scrivo

di Stefano Giolo 21 Agosto 2018

Non scriverò più.
Mai più.
Non perché non lo desideri
o perché sia stanco di farlo.
Non perché non ne sentirò più il bisogno.

Non scriverò più perché mai più avrò idee come ne ho avute fino ad oggi,
perché ho già scritto tutto,
detto,
discusso,
perché non c’è più nulla di nuovo,
perché non c’è più nulla.

Non scriverò mai più,
come ogni volta,
come ogni volta tra l’ultima e la successiva,
come ogni volta che finisco qualcosa,
prima di iniziarne un’altra.

Non scriverò più.

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Attendo

di Stefano Giolo 13 Agosto 2018

Resto qui,
sulla riva del tempo.
Lo osservo scorrere.

A volte lento
come come la sabbia
erosa dal vento
dalla cima di un monte.

Altre veloce,
come un incedere di fiera.

Resto qui e lo osservo.
Scorre davanti a me
mentre attendo il mio cadavere passare.

Resto qui e aspetto di saltarci sopra,
nuovo battello a proteggermi dall’annegare.

 

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I bei tempi andati

di Stefano Giolo 20 Luglio 2018

Ricorda che saranno questi
i bei tempi andati,
non la ricerca di un futuro irrealizzabile,
non amare un passato ideale
non sacrificare giorni per un forse.

Ricorda che saranno questi
i bei tempi andati,

quando tra qualche anno ti guarderai indietro,
quando dovrai fare i conti con quello che è stato,
quando non potrai più avere un futuro davanti

Ricorda che saranno questi
i bei tempi andati
e vanno vissuti come tali,
ogni istante,
ogni istante.

Ricorda
che saranno questi
i bei tempi andati

Liberamente ispirato a “Vecchi” di Giorgieness

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L’ombra davanti

di Stefano Giolo 22 Giugno 2018

C’è qualcosa in più dell’ombra lunga che si trova davanti a te al mattino
o di quella che si trova alle tue spalle man mano che il sole tende all’orizzonte.

E non importa a che punto della volta celeste sia il sole
-tanto non lo saprai che all’ultimo-
fai che sia sempre alle tue spalle,
e se sarà alto in cielo fermati e guardati dentro.

Sia l’esperienza a prendere e l’esperienza a creare.

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Urlo

di Stefano Giolo 23 Maggio 2018

Urlo

Non è per loro che scrivo,
non è per loro che suono,
non è per loro che sento il bisogno di esprimermi

talvolta in modo sgraziato
o ricercato
o dolce
o nella rabbia di versi inumani.

Non è per qualcuno, che creo, ma contro.
Contro di te.
Contro le tue ostruzioni.
Contro le tue ostinazioni.

È la mia libertà.
Ciò che ti sfugge e mi identifica,
ciò che non puoi apprezzare.
È la mia libertà.

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La vita è fiume

di Stefano Giolo 11 Marzo 2018

La vita è fiume.
Diramazioni continue,
salti, gorghi voluttuosi in rivoli di cascate.
Imprevedibili.

Voltati e non c’è uno ieri, voltati e non c’è un domani.
salti, gorghi voluttuosi in rivoli di cascate.
Imprevedibili.
La vita è fiume.

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Abbracciami

di Stefano Giolo 17 Gennaio 2018

Non puoi comprenderlo,
né io pretenderlo.
Non puoi comprendere cosa ruota dentro talvolta.

Il ricordo di ciò che non ho fatto,
che ho avuto il coraggio di non fare
che ho avuto il terrore di fare.
Ciò che non ho fatto.

Non puoi comprenderlo,
né io lo pretendo.

Abbracciami nel silenzio e niente altro.

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Silenzio.

di Stefano Giolo 16 Gennaio 2018

È del silenzio che anelo la presenza,
talvolta.
Non di questa musica ripetitiva,
altalenante,
precaria musica.

Anelo il silenzio.
Un abbraccio e il silenzio e niente altro.

Il silenzio.

Il silenzio.

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La rabbia di un tempo

di Stefano Giolo 21 Ottobre 2017

Cerco in me la rabbia di un tempo
quella che mi strappava parole.

Ma ci sei tu. Ne assorbi ogni lembo
in modi che nessuno saprebbe immaginare.

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Le cose che iniziano

di Stefano Giolo 6 Ottobre 2017

Era quel suono.
Ma non solo quel suono.

Il rumore delle foglie gialle e rosse
calpestate dai miei scarponi da montagna,
e quell’odore così forte di sottobosco e pioggia.
I silenzi e il fiato grosso, il cuore.

Era tutto questo e altro:
la grandine in testa che faceva sorridere
il cielo, le nubi
ma soprattutto era che se mi fermavo quel suono continuava,
il calpestio di scarponi sulle foglie rosse e gialle d’autunno
e quel pronome personale che hai iniziato ad usare all’improvviso come se fosse normale

Non era più io ma noi,
come se fosse normale.
E c’è ancora quel suono:
foglie gialle e rosse
calpestate dai nostri scarponi,
sulla montagna,
sulla strada.

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La paura e il desiderio

di Stefano Giolo 3 Ottobre 2017

È la paura di accelerare che conta, e il desiderio.
Essere qui, quando so che dovrei andare.
Quell’istante che non può durare per sempre tra il prima e il dopo.
Quando sei dietro al palco e stai per salire e respiri il momento,
quando il giudice ha detto “Ai vostri posti” e deve ancora pronunciare “Pronti”
quando ogni muscolo si blocca e il tempo rallenta.
È la paura di accelerare che conta, e il desiderio del poi.
È il desiderio del poi.

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Sogno lucido

di Stefano Giolo 2 Ottobre 2017

Io non ero lì.
Il mio sé era altrove, in un mondo lontano da me.

Ho aperto gli occhi
-hai risposto a una domanda-
e occhi azzurri di fronte a me mi stavano osservando
-forse ho parlato nel sonno?-

Erano lì, ero lì io, eri lì tu,
allo stesso punto della strada.
Non ho avuto paura.

Non

ho

avuto

paura.

Ora ti sto sognando ogni giorno.
E poi la notte, mentre dormo, mi ritorni in mente.

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Perché ho smesso di scrivere poesie

di Stefano Giolo 5 Settembre 2017

Scrivevo molta più poesia un tempo.
Ho scritto sempre molto, ricordo il primo racconto che ho scritto era qualcosa come il 1990. avevo otto anni, forse nove. Raccontava di un viaggio nello spazio in cui io, nel 2017 andavo su Marte e incontravo una popolazione aliena, ma non era fantascienza, utilizzava il cliché inizio novecentesco della perdita di sensi momentanea a distinguere la parte reale da quella immaginaria, un trucco mutuato da Poe o da altri scrittori della sua epoca. Avevo descritto la morte da dentro il morente descrivendo una serie di deformazioni sensoriali e poi la sua resurrezione in questo mondo alieno. Non spiegavo se il protagonista fosse morto davvero o no, se fosse inteso come reale o no tutto quanto accadeva dopo. Avevo otto anni, era il mio primo racconto e non so dire da dove venisse, avevo letto Il Richiamo Della Foresta, 20.000 leghe sotto i mari, forse qualcosa di Salgari non di più. La mia vocazione era lì. Nello scrivere. Nella tensione. Nello sperimentare. Nel crossover di generi. L’anno prima avevo imparato per la prima volta cosa fosse quello che le persone chiamano amore. L’amore di bimbo, sia chiaro, ma il mio piccolo cuoricino era esploso per la prima volta con le conseguenze imprevedibili con cui esplode un cuore quando un cuore esplode. Amavo anche i chiasmi. Ci vollero altri tre anni prima che esplodesse di nuovo per quel ricciolo su una fronte. Esplose la poesia in quegli anni.Non sapevo quanta ne avrei scritta, nel frattempo scrivevo lettere. Ricevevo e scrivevo lettere non saprei dire da quante persone, mi chiedo se qualcuno le conservi ancora, io le ho buttate quasi tutte. Centinaia. Tra il 97 e il 98 credo di averne scritta una ogni singolo giorno, molti giorni più di una. Fare qualcosa per così tanto tempo con tale frequenza non può non creare una dipendenza. All’epoca scrivevo con una stilografica. Scrivevo anche in poesia. Quasi ogni giorno. Credo di aver superato il migliaio di poesie, sperimentavo in quel modo, sperimentavo in quel mondo. Lo feci fino al 2003 con risultati via via più soddisfacenti. La mia emotività era sfogata con quello, l’unico modo di sfogare un fiume, un mondo, una sofferenza, una gioia, un tutto che trasbordava come un bicchiere pieno in cui continui a versare acqua da una bottiglia infinita. Era il mio modo di fermare un po’ di quell’acqua e cristallizzarla immobile come una fotografia, pensavo avrebbe fatto bene riprenderla quando ci fosse stata siccità. Pensavo che avevo così tanto da buttare fuori da dare, da regalare che perderlo in un tombino di scarico sarebbe stato uno spreco. Durò fino al 2003. Non avevo mai trovato un tombino vero prima di allora. Era lì che mi attendeva ed era la cosa più bella che potessi incontrare.

Sono in una gabbia di cristallo,
in una maledetta cazzo di gabbia di cristallo.
E potrei scappare se volessi, se non fosse così fottutamente bella.
Sono in una gabbia di cristallo
e non so più come uscirne, ne so come sono entrato.

Lo scrivevo allora. Non sapevo quanto quella gabbia sarebbe divenuta il mio vestito, la mia corazza, il mio scheletro, la mia essenza. Scrissi le mie poesie più belle come una stella che prima di spegnersi diventa enorme e brucia tutta se stessa, raggiunsi l’apice e mi spensi. La siccità era arrivata, il tombino aveva assorbito ognuna delle mie emozioni. Il paradosso è che prima mi tolse l’ansia, poi la paura, poi la rabbia, poi la tristezza e solo da ultimo l’amore. Fu l’esperienza più bella che avessi mai provato ma di me non rimaneva più nulla che valesse la pena essere pronunciato, figurarsi scritto su un foglio. Smisi in quel momento di scrivere in poesia. Ci provai ancora, sì. Credo di aver scritto almeno altre due sillogi complete dopo quel momento. Carta straccia.
Presidio di razionalità incapace di provare ciò di cui voleva disquisire.
C’era qualcosa di buono in questo. L’assenza di ansia, di rabbia, di paura sono qualcosa a cui molti ambiscono (Tenetevele, io vi dico, tenetele strette al cuore ed amatele e vivetele) e mi resero sfacciatamente più forte negli anni. Ma mancava qualcosa: la capacità di provare empatia, di piangere, di gioire, di credere nelle piccole cose. Se non provi paura tutto è privo di valore perché non ti interessa perderlo, se non provi ansia tutto è insipido perché o lo raggiungi o lo lasci andare senza ricerca spasmodica. Tutto privo di valore. Smisi di scrivere quando rilessi quello che avevo scritto un tempo. Potevo leccarne ancora l’acqua liquida scorrere tra le righe, le parole bagnate trasudavano ancora ogni emozione, la trasudano ancora oggi. Quello che scrivevo era secco e nero come la lingua di un uomo morto di sete. Vorrei dire pieno di ulcere ma le ulcere sarebbero state emozione, sarebbero state rabbia e non c’era neppure quella. Quello che scrivevo era morto. Io ero morto. Tutto era morto. Era come fotografare pareti di cemento che mi stringevano dentro me stesso, una uguale all’altra seppure con nuove parole, ricerche, sperimentazioni. Una uguale all’altra. Una

uguale

all’altra.

Poi mi hai preso per mano e trascinato. Ero ancora quella lingua secca e morta ma tu mi trascinavi inerte avanti e indietro. Aprivo gli occhi ogni tanto, poi li richiudevo, poi li riaprivo, poi sparisti. Anche se ci sei ancora là fuori, almeno tu. E credo ci sarai sempre. Non so quanto tempo passò, una pietra non conosce il tempo. Ed era come se il tempo fluttuasse tra un oggi e un passato remoto e un futuro e un imperfetto come immagini che appariranno e scomparvero e stanno illuminando quello che accadde pochi istanti fa come nei sogni. Poi però ero di nuovo un pezzo di pietra a terra, arido, o forse di terra secca e crepata grigia. Arrivasti tu. Piantando un seme? Non saprei ma la mia testa era aperta, una crepa in fronte e ci guardavi dentro, mentre stavi versandoci dell’acqua. Non mi volevi trascinare in giro, stavi curandomi o curando il seme che avevi piantato. Te ne sei andata perché non ti coglierò mai o non mi sono lasciato cogliere, stai fuggendo per sempre forse, non ne ho idea.
Fui a terra. Ero terra. Terra secca e non più dura roccia. Nasceva qualcosa nella mia testa. Un sogno, una realtà, un mondo dentro cui posso guardare e vedere muoversi vite ed ogni vita mi parlava e raccontava. Non erano capaci di provare emozioni perché io non sapevo darle a loro. Non erano capaci di provare emozioni perché raccontavano di quello che ero.
Poi sei arrivata tu, sembravi un porto pieno di emozioni, esplosioni, incredibili pulsioni, ti sfiorai il volto e si gelò la mano. Ero o non ero un pezzo di terra secca? Ti sfiorai il volto e si gelò la mia mano perché eri un pozzo. Di nuovo un pozzo di fronte a me. Non lo temevo. Infilai la mano dentro e ne estrassi la rabbia, l’ansia, ogni paura. Infilai la mano nel pozzo e ne estrassi la paura, la rabbia, l’ansia mordendole e respirandole e vivendole, non fu un tentativo di togliertele da dentro. Non mi importava, cosciente di quanto sarebbe un vano tentativo, ma fu desiderio di riprendere quello che avevo perduto. Estrassi dal pozzo rabbia, paura, ansia e me ne nutrii come una bestia col sangue che cola dalle fauci, li conoscevo ormai quei pozzi, vi ero già morto non mi spaventavano più. La rabbia, la paura, l’ansia mi resero più forte di quanto sia mai stato, più forte di quanto divenni perdendole. Ero incapace di controllare le nuove vecchie emozioni, incapace di equilibrio in tutto quel troppo. Non te ne andasti tu, ti cacciai per salvarci. O per lasciarti distruggerti, poco conta. Non tornerò mai. E poi piove. Piovve. Piove. Piovve riempiendo il mondo come un bicchiere vuoto che arriva velocemente al colmo e piove ancora. Mentre mi giravo dall’altra parte in faccia un abbraccio. Senza un preavviso. Come uno schiaffo. Il cuore battere forte come non avesse mai battuto prima. E scrivo in poesia. In costante disequilibrio tra un’emozione e l’altra imparo a domarle e viverle come un’acrobata su un filo appeso tra due torri nel vento, ed è la paura a reggermi in piedi, l’ansia, la rabbia che mi fai provare e qualcos’altro. E vorrei fotografare emozioni, farne trasudare dalle parole tutto quello che scoppia come una fontana ma soprattutto vorrei sentirmi libero di viverle, di essere, di vivere.
Di essere

di vivere

di essere

vivere

essere

vi

es

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Io non ci credo.

di Stefano Giolo 4 Settembre 2017

Come sentire sulla schiena spingere.
Tra le scapole.
In mezzo.

L’avrei chiamato destino un tempo
-quando avevo una fede-
l’avrei chiamato il cospirare del mondo,
non fosse che il mondo lo conosco.

Io non ci credo.
Siete voi a farlo ed è questo che spinge avanti.
Tra le scapole.

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Sull’emozione pt.2

di Stefano Giolo 29 Agosto 2017

“Le emozioni sono l’esclusione di alcune funzioni del cervello rispetto ad altre.” Si tratta di una semplificazione enorme, forse. Ma forse potrebbe essere una focalizzazione al limite del perfetto. Questa frase l’ho sentita in questi giorni mentre camminavo e vivevo il mondo.

Secondo Treccani l’emozione è:

emozióne s. f. [dal fr. émotion, der. di émouvoir «mettere in movimento» sul modello dell’ant. motion]. – Impressione viva, turbamento, eccitazione: l’e. della vincita, di quell’inatteso incontro; le e. del viaggio; andare in cerca di nuove e.; essere in preda all’e., a un’intensa e.; essere preso, essere sopraffatto dall’e.; la forte e. gli impediva di parlare. In psicologia, il termine indica genericamente una reazione complessa di cui entrano a far parte variazioni fisiologiche a partire da uno stato omeostatico di base ed esperienze soggettive variamente definibili (sentimenti), solitamente accompagnata da comportamenti mimici.

Secondo Wikipedia l’emozione è:

Le emozioni sono stati mentali e fisiologici associati a modificazioni psicofisiologiche, a stimoli interni o esterni, naturali o appresi.
In termini evolutivi, o darwiniani, la loro principale funzione consiste nel rendere più efficace la reazione dell’individuo a situazioni in cui si rende necessaria una risposta immediata ai fini della sopravvivenza, reazione che non utilizzi cioè processi cognitivi ed elaborazione cosciente.
Le emozioni rivestono anche una funzione relazionale (comunicazione agli altri delle proprie reazioni psicofisiologiche) e una funzione autoregolativa (comprensione delle proprie modificazioni psicofisiologiche).

Mi piace molto la parte di Wikipedia in cui è scritto “In termini evolutivi, o darwiniani, la loro principale funzione consiste nel rendere più efficace la reazione dell’individuo a situazioni in cui si rende necessaria una risposta immediata ai fini della sopravvivenza, reazione che non utilizzi cioè processi cognitivi ed elaborazione cosciente.”.
Credo che al netto delle modifiche fisiologiche i rilasci di ormoni e le reazioni fisiche all’emozione il grosso dell’emozione sia l’essere un processo che permette al cervello di escludere altri processi nel cervello. In ogni momento il numero di pensieri e processi che il cervello gestisce sono moltissimi, non esiste alcun momento in ci sia calma piatta, l’emozione è uno di questi processi che ha una energia tale da riuscire a sospendere gli altri. Certamente in uno stato emozionale di paura la gran parte degli altri processi mentali vengono spenti ed il rilascio di adrenalina aiuta sì il corpo ad agire con maggiore forza e velocità ma a sua volta nuovamente il cervello ad escludere una serie di altri pensieri. Così credo si possa dire delle altere emozioni di cui molte positive escludono i pensieri negativi e viceversa.
Quello che cerchiamo o a cui dovremmo ambire è l’equilibrio delle parti, il nostro equilibrio personale, ovunque esso sia.
Credo sia possibile anche creare un processo o uno stato in grado di escludere altre emozioni, crearlo e dargli un nome. Io il mio lo chiamerei nulla:

  • “Cos’hai?”
  • “Nulla”

perché non voglio escluda l’ironia, voglio invece riesca ad evocarla.
La capacità di escludere pensieri creando nella testa qualcosa di più ampio, la capacità di togliere lo spazio a ciò che ha già troppo spazio, la capacità di escludere la paura, il senso di mancanza, l’ansia, la malinconia. Non credo si possa essere così selettivi da riportare attivi i pensieri che questi hanno escluso, ma se almeno l’ironia non riescono ad escluderla nulla può davvero evocarla.
“Le emozioni sono l’esclusione di alcune funzioni del cervello rispetto ad altre.”
Se così fosse nulla sarebbe l’emozione più forte.

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Sull’emozione

di Stefano Giolo 27 Agosto 2017

La questione è che tu,
-per me-
sei emozione pura.

Come essere legati ad una corda elastica pronti a lanciarsi da un ponte,
come ascoltare un disco inedito dei Pink Floyd da adulto,
come arrivare in vetta dopo giorni di strada e respirarne l’aria.

Premere quell’interruttore,
-spegnere le emozioni dentro di me-
equivale a ignorare quello che sei.

Voltarsi e scendere dalla scaletta,
spegnere lo stereo e mettersi a fare una lavatrice,
dirsi che tutto sommato hai camminato abbastanza e puoi tornare a casa.

Resti lì.
Resti un potenziale inespresso non so neppure se immenso o deludente.
Ma tutto -dentro me- dice che infine quell’uva sarebbe stata acerba.

Nulla disseterebbe di più dell’agresto nell’acqua che bevo.

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Il lungo addio

di Stefano Giolo 25 Agosto 2017

E lunghe ore a ingannarci così

a dire lui e lei, sempre gli altri
e i palliativi sono sempre tanti per non ammettere che siamo qui,
e Charlie Brown e Mafalda e la scuola
storie un po’ vere a volte inventate
nei pomeriggi d’inverno e d’estate
di strani voli su una parola.

Quando cantavo Plaisir d’Amour
tu mi guardavi e ridevi più forte
non lo capivi che ti facevo la corte
o forse capivi e la furba eri tu…

e mi hai sospeso su un filo di lana
e mi ci terrai ancora per molto,
giovane amore, fiore non colto
o forse sì, ma da un’altra mano.

E chi lo sa se anche tu mi vuoi bene,
a volte credo di esserne certo
a volte invece sembra tutto uno scherzo,
fuggono gli occhi come falene
amica mia sorella speranza
quello che vuoi io non ti dirò,
quello che voglio non sentirò,
quello che c’è dietro l’indifferenza.
E tutto è morto e tutto è ancor vivo
e solamente tutto è cambiato
quello che provo l’ho sempre provato
e credo ancora in ciò in cui credevo
e il fiocco nero è l’unica cosa
che mi è rimasta con la malinconia,
ma insieme a questa stanca anarchia
vorrei anche te, amica mia

Ma dimmi tu non è meglio così?
Immaginare e illudersi sempre
qui ad aspettare qualcosa o niente
qui ad aspettare un no o un sì
che in ogni caso sarebbero fine
di tutto questo che almeno è un ricordo
così studiato giorno per giorno

fatto di tanti cristalli di brina

“Il lungo addio” Dylan Dog albo n° 74

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Ho visto me stesso

di Stefano Giolo 5 Agosto 2017

Ho visto me stesso ieri.
Era dentro di me.
Era nascosto là sotto tra le paure, sotto quel sorrisetto stentato.
Sotto anni di “non dire”.
Ho incontrato me stesso.
Ero qui.

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Resilienza e caso

di Stefano Giolo 24 Giugno 2017

Il caso muove le cose
le cose a caso muovono il caso
il caso a caso muove le cose.

Salta.
Da un dado all’altro.
Da un caso all’altro in equilibrio.
Salta e non importa, chiudi gli occhi.

A casa muovi le cose
i casi muovon le cose
le cose muovono cose che muovono il caso

Salta.
Una gamba, o l’altra o la stessa ancora
ed ancora.
Non importa, è la vita.

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La tua bellezza

di Stefano Giolo 26 Maggio 2017

Osservo la tua bellezza
nella mia mente.
Ricordo di te come tre punti verdi.
I tuoi occhi, grandi, curiosi, vividi e luminosi osservarmi.
E un pendaglio.
Mi torna in mente -in lampi improvvisi- la tua bellezza semplice.
Innotabile perfezione nascosta in un mondo di figure irrealistiche.
Timida e nascosta inconsapevole, quasi come ti sentissi inadatta.
Mi torna in mente il tuo modo di muovere le mani imbarazzato.
I tuoi polsi.
Il fisico minuto appena coperto da un maglioncino casto,
gli occhiali grandi così grandi da non nasconderti.
Ti appoggiavi a me. E fuggivi. E tornavi. E fuggivi.
Da lontano mi hai visto osservarti, lo so perché io ho visto te osservarmi.

Ma era un altro mondo, un’altra realtà,
non importa se fosse più reale questo o quello.
Era un altro mondo.

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Risparmio energetico

di Stefano Giolo 1 Aprile 2017

Osservo una pianta,
nella siccità.
La osservo mentre lascia seccare i propri rami
-cadono le foglie-
mentre i suoi rami deboli si spezzano sotto il peso di piccoli animali.

Osservo una pianta,
nella siccità.
Sopravvive, sopravvivrà a lungo ancora,
sopravvivrà grazie ai rami secchi,
le foglie cadute.
Sopravvivrà alimentando solo il necessario.

Osservo una pianta,
priva di emozioni, priva di dolore,
sopravvivere ancora temendo il sole.
In attesa del sole,
in attesa del’acqua che possa fargli amare il sole.
Temendo il sole.
In attesa.

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Oggi

di Stefano Giolo 19 Marzo 2017

Incapace di ogni sentimento, di ogni emozione,
osservo questa scatola
nera
chiusa.
Non so dove sia la chiave, non so neppure se esista
non so dove sia la toppa o se basti sollevarne il coperchio.

Incapace di ogni sentimento, di ogni emozione,
osservo questa scatola.
Mi attira.

Incapace di ogni sentimento, di ogni emozione,
osservo questa scatola.

Incapace.

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Silenzio.

di Stefano Giolo 6 Febbraio 2017

Sento
un dolore forte entrarmi nella testa
sento
forte un dolore come una punta entrare dall’orecchio
sento
forte un dolore sordo come urla nel fondo del cervello
-sento-
sordo il dolore di urla che mi accecano impedendomi di sentirti
-sento-
un dolore cane nell’orecchio che urla fino nel profondo del mio cervello
(sento)
nella testa entrare da dentro l’orecchio urla pulsanti che rodono e grattano il cervello
(sento)
nelle urla dentro la testa sputare fuori il dolore di roditori che mordono assordanti ogni pensiero
(sento qualcosa strapparsi)

Silenzio.

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Il Poeta è un fingitore

di Stefano Giolo 8 Gennaio 2017

Stavo risistemando il blog in questi giorni, piccoli dettagli grafici, soprattutto per quanto riguarda la versione mobile. Ho rivisto le citazioni che compaiono a sinistra nella versione desktop e mi sono riletto frasi dei miei autori preferiti aggiungendo le fonti e rimuovendo le citazioni non certe. Come ogni volta che ricapito su Pessoa mi accorgo di come in definitiva sia l’artista a cui mi sento più affine seppure ormai poche delle cose che scrivo gli somiglino. Ma in qualche modo è stato uno dei tre o quattro autori che mi hanno dato maggior spinta. Ho voglia di riportare uno dei suoi pezzi a cui sono più legato, lo trovo un po’ un monito al lettore che desidera interpretare lo scritto, e al contempo un monito allo scrittore. Un modo poetico per esprimere per l’ennesima volta come non abbia senso interpretare la realtà di ciò che uno scrittore scrive.

Il Poeta è un fingitore

Il poeta è un fingitore.
Finge così completamente
che arriva a fingere che è dolore
il dolore che davvero sente.

E quanti leggono ciò che scrive,
nel dolore letto sentono proprio
non i due che egli ha provato,
ma solo quello che essi non hanno.

E così sui binari in tondo
gira, illudendo la ragione,
questo trenino a molla
che si chiama cuore.

-Autopsicografia, Fernando Pessoa, 1° aprile 1932-

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Come l’ombra.

di Stefano Giolo 5 Gennaio 2017

Come l’ombra, nessuno di noi esiste se non per l’immagine che proietta.
Come l’ombra, l’immagine di ognuno di noi è vicina o lontana da ciò che siamo.
Come l’ombra, il mezzo che ci proietta -la luce se vogliamo- è fuori da ogni nostro controllo.

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Scórso è il tempo

di Stefano Giolo 14 Dicembre 2016

Da lassù guardo il tempo scorrere,
mi chiedo cosa occorrerebbe per ripercorrerlo al contrario,
per modificare quella scelta.
Da lassù guardo scorrere il tempo,
mi chiedo cosa occorrerebbe per ripercorrerlo al contrario,
poterlo almeno rivivere.
Da lassù guardo scorrere il tempo da che non ci sei più,
da che sei altrove.

E non è la tua presenza,
non è ciò che siamo stati,
non è ciò che abbiamo condiviso lassù,
non è ciò che avremmo dovuto essere a creare un vuoto.

È tutto il resto del mondo.


scórso agg. e s. m. [part. pass. di scorrere].
1. agg. Passato, trascorso: Su l’ossa e il fango … Sta, di memoria solo E di dolor custode, il simulacro Della s. beltà(Leopardi).
In partic., nell’uso com., riferito a un periodo di tempo ultimamente trascorso, che precede quindi l’attuale: il lunedì s., la settimana s., l’anno s., l’inverno s., o anche lo s. anno, lo s. inverno.
2. s. m., non com. Errore commesso involontariamente, per fretta o disattenzione, nel parlare o nello scrivere: s. di penna, di lingua
.

Fonte Treccani


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C’è un abisso

di Stefano Giolo 1 Ottobre 2016

C’è un abisso 

C’è un abisso per sempre nascosto
(c’è un abisso da sempre nascosto)
((c’è un abisso nel sempre, nascosto))

C’è un abisso da cui ti proteggo
(da cui mi proteggo)
((da cui li proteggo))

E crea un eco nel suono,
(se suono)
((quel suono))

un riverbero interno che crea quella dissonanza implicita
(quei silenzi)
((le distanze))

un vuoto come un crepaccio nel bianco liscio di una morbida nevicata.
(morbido liscio delicato)
((molle livido deflorato))

Sta vibrando. Chiede una vittima e suona le sue deboli campanelle.
(suonano campane)
((suonano i suoni di sottili sottilità))

C’è un abisso da sempre nascosto,
(c’è un abisso per sempre nascosto)
((c’è un abisso nel sempre. Nascosto.))

oggi suona
(Urla)
((Strappa))

come chiamato da un complemento.
((Urla))
(((Scappa)))

Come spaventato di poter infine trovare pace.

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Silenzio

di Stefano Giolo 12 Settembre 2016

Silenzio

La distanza amplifica le emozioni
(il silenzio)
amplifica la dominante.

Proverei un’amore più forte
se t’amassi.
Proverei mancanza
se avessi bisogno di te.
Proverei commozione
se apprezzassi gli istanti vissuti assieme.

Ma provo rabbia.
Solamente rabbia e nient’altro.
Una rabbia che sale nel tempo
che urla, strappa, brandisce parole.
E copre l’affetto, la mancanza, la commozione.
La rabbia è la mia dominante per te.

Non per tutte le volte in cui hai detto farò e non hai fatto
non per tutte le volte che hai detto sono ma non eri.
Per tutte le volte in cui hai fatto questo senza parlare.

È il silenzio che amplifica le cose
(crea la distanza)
come rimbombi in stanze vuote.
(la distanza)
L’attesa nel silenzio.
(il silenzio)

Possiamo romperlo o disperderci nella distanza quando la rabbia diverrà rumore.

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“Traffico. Io vivo altrove.”

di Stefano Giolo 11 Settembre 2016

Ogni tanto le cose ritornano, come cicli come onde. Il ricordo di un passato è più bello quando arriva inaspettato. Non cambierà la mia vita, non il passato. Lo ha già fatto ed è stato bello per questo.
Un tempo ero una di quelle persone da foto di cose vecchie per rimuginare e ripensare, poi nel tempo ho capito come non importi ricordare necessariamente chi c’era in quel posto, cosa hai fatto, cosa hai visto. Preferisco che ciò che non è stato importante finisca lentamente nell’oblio delle cose dimenticate, preferisco che nella mia testa ci sia lo spazio per tutto quello che devo ancora vivere, per accumulare ricordi nuovi. Ed è la memoria a scegliere cosa fosse importante. Come un girasole preferisco guardare verso la luce e muovermi verso un divenire. Ed è in questo contesto che i ricordi importanti, le cose che ti hanno portato ad essere quello che sei emergono talvolta come una carezza od un sorriso che ti dicono che sì, stai andando nella direzione giusta, che sì esiste una linea diretta che porta da quel che eri a quello che sei ed è quella che puoi seguire passo passo da quel ricordo emerso a tutti e soli quei ricordi che ad esso sono legati. Ed è bello sorriderne e voltarsi sentendo che sono ancora lì, che sono in qualche modo come quando sai di avere con te una squadra di persone di cui fidarti e non ti importa di vederle, perché sono lì.
Stanno cambiando tante cose, e questo mese sembra essere crocevia di novità sotto ogni campo della mia vita che davvero abbia un interesse per me.
Mi è stato chiesto diverse volte in questi mesi, forse ormai in questi anni da dove venga la tranquillità che mi porto dentro, la serenità. Qualcuno dice che non me ne freghi nulla delle cose oppure che non provi sentimenti. Non è così. Credo di aver raggiunto oggi, e spero per lungo tempo una situazione di stabilità interiore che mi permette di non spostarmi prendendo colpi, o di spostarmi quel tanto da non risentirne. La consapevolezza che posso cambiare direzione, non significa aver perso, significa aver scelto.
Brulica di novità il mondo e la vita continua a rimanere stupenda.
Due situazioni in questo periodo mi hanno fatto riflettere su questo mio mondo di pensare.
In due su un cinquantino con le gomme lisce, tachimetro e contachilometri rotti, che probabilmente perdeva carburante e non gli funzionava il segnalatore della riserva, eravamo su una strada bianca disastrata sull’isola di Milo nelle Cicladi in Grecia. In caso di problemi in quella zona dell’isola l’assicurazione del noleggio non avrebbe coperto nulla e non sarebbe venuto a prenderci. Alla guida un caro amico mi ha chiesto “Ma se buchiamo? Non hai paura se buchiamo?”. Non ci ho pensato ed ho risposto “No.”.
Ci ho messo un po’ a chiedermi perché non avessi paura, se io fossi un temerario privo di sentimenti o ci fosse altro. Mi sono chiesto se avessi paura di farmi male, e quella l’avevo. Avevo paura di cadere su quei sassi, avevo paura di farmi male io o che se ne facesse lui, ma non avevo paura di bucare nonostante i cinque chilometri di sterrato, le salite e le discese. La risposta è arrivata solo qualche tempo dopo quando mi sono reso conto che mi sarei quasi divertito se fosse successo. Ero consapevole che avremmo faticato un mondo, che ci saremmo devastati di fatica, che eravamo quasi senza acqua sotto il sole, che avremmo perso l’intera giornata prima di arrivare in una zona dove ci sarebbero venuti a prendere. Ma ero consapevole, sono consapevole, che a distanza di qualche settimana l’avremmo raccontata come un’esperienza di cui ridere. Che qualunque cosa difficile, ti rende più forte e ti fa ridere di tutto. Sarebbe stata semplicemente un altra esperienza che sarebbe rimasta indelebile dentro, un ricordo per sempre, indipendentemente dalle foto. Avremmo suggellato per sempre un’immagine nelle nostre memorie e non sarebbero serviti file jpg per ricordare con chi eravamo, come eravamo, cosa era accaduto. Per questo non ne avevo paura.
Tornando da quel viaggio sono passato da una stazione in cui tanti anni fa, nel 1999 avevo fatto una scritta sul pavimento. L’avevo fatta per una ragazza per cui avevo una cotta adolescenziale, una delle tante per le quali ho avuto cotte adolescenziali per lo più dimenticate. Non mi servono decine di foto per ricordarla e non averne rende quella persona speciale, diversa da tutti perché la ricordo. Ho portato per anni nel portafogli un foglietto bianco scritto con una penna oro. Prima di venire rapinato. Quel foglietto è l’unica cosa persa in quella rapina che ricordi e mi manchi oggi.
“Traffico. Io vivo altrove.” firmato Torne. Per lei ho scritto la prima raccolta di poesie organiche dopo decine scritte a caso su un quaderno privo di ordine. Ho scritto la prima cosa con un inizio, un percorso ed un termine. Eravamo due persone diverse, incompatibili, ci siamo frequentati per davvero poco tempo ma intenso. Non ci siamo più cercati.
“Traffico. Io vivo altrove.” l’ho sempre trovata una piccola chicca di ermetismo Ungarettiano che nella sua semplicità mi ha stupito e negli anni è cambiata per me. Da un sentirsi alternativo e diverso forzatamente con un senso di superiorità come lo vivevo da adolescente oggi è ancora una frase che mi porto dentro come incisa. Più di quel “La vita è sogno fanne realtà” che porto appesa al collo ogni giorno dal 19 luglio 2006. Io vivo ancora altrove, lontano dal traffico. Guardo le persone litigare, muoversi agitate, guardo attorno a me accadere cose, e sono sereno. Non vivo lì. Non sono nella confusione del lavoro che faccio, non sono nei bisticci sulla politica stupida, non sono nel social network. La mia vita, quella vera, quella di cui sono pienamente soddisfatto è altrove, sulle montagne, nei boschi, sotto il pelo dell’acqua, nel dolore dei muscoli affaticati, nel piatto cucinato per qualcuno, nelle birre in un locale, nelle infinite frasi che scrivo, nei miei gatti e nel conte Frederick. Il lavoro cambiatemelo, martoriatemici, affaticatemi, chiedetemi di litigare di politica e mi ci butterò, ditemi che quello che scrivo fa schifo, buttatemi merda addosso. La mia vita è altrove.
C’è un’altra risposta in tutto questo: vivo solo perché non mi interessa avere accanto qualcuno che non viva dove vivo io, che non viva altrove. Un girasole che guardi avanti, e non nel traffico di questo mondo.

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Bologna

di Stefano Giolo 2 Agosto 2016

Bologna
25/05/2004
(Da “Contrapposizioni” Stefano Giolo, Edizioni Il Filo)

È ancora fermo a quell’ora
l’orologio della stazione.
Quando la gente saliva sul proprio sogno,
per un viaggio che non era l’ultimo
né il più bello forse,
ma era il loro,
la vita.
Persone immerse nella routine,
tristi, §
felici,
amanti,
piccoli infanti.
Ed ora sono un ora,
una crepa in un muro
coperte da torri lontane
da persone non nostre che ci fanno pensare più che loro.

ANTONELLA CECI anni 19
ANGELA MARINO ” 23
LEO LUCA MARINO ” 24
DOMENICA MARINO ” 26
ERRICA FRIGERIO IN DIOMEDE FRESA ” 57
VITO DIOMEDE FRESA ” 62
CESARE FRANCESCO DIOMEDE FRESA ” 14
ANNA MARIA BOSIO IN MAURI ” 28
CARLO MAURI ” 32
LUCA MAURI ” 6
ECKHARDT MADER ” 14
MARGRET ROHRS IN MADER ” 39
KAI MADER ” 8
SONIA BURRI ” 7
PATRIZIA MESSINEO ” 18
SILVANA SERRAVALLI IN BARBERA ” 34
MANUELA GALLON ” 11
NATALIA AGOSTINI IN GALLON ” 40
MARINA ANTONELLA TROLESE ” 16
ANNA MARIA SALVAGNINI IN TROLESE ” 51
ROBERTO DE MARCHI ” 21
ELISABETTA MANEA VED. DE MARCHI ” 60
ELEONORA GERACI IN VACCARO ” 46
VITTORIO VACCARO ” 24
VELIA CARLI IN LAURO ” 50
SALVATORE LAURO ” 57
PAOLO ZECCHI ” 23
VIVIANA BUGAMELLI IN ZECCHI ” 23
CATHERINE HELEN MITCHELL ” 22
JOHN ANDREW KOLPINSKI ” 22
ANGELA FRESU ” 3
MARIA FRESU ” 24
LOREDANA MOLINA IN SACRATI ” 44
ANGELICA TARSI ” 72
KATIA BERTASI ” 34
MIRELLA FORNASARI ” 36
EURIDIA BERGIANTI ” 49
NILLA NATALI ” 25
FRANCA DALL’OLIO ” 20
RITA VERDE ” 23
FLAVIA CASADEI ” 18
GIUSEPPE PATRUNO ” 18
ROSSELLA MARCEDDU ” 19
DAVIDE CAPRIOLI ” 20
VITO ALES ” 20
IWAO SEKIGUCHI ” 20
BRIGITTE DROUHARD ” 21
ROBERTO PROCELLI ” 21
MAURO ALGANON ” 22
MARIA ANGELA MARANGON ” 22
VERDIANA BIVONA ” 22
FRANCESCO GOMEZ MARTINEZ ” 23
MAURO DI VITTORIO ” 24
SERGIO SECCI ” 24
ROBERTO GAIOLA ” 25
ANGELO PRIORE ” 26
ONOFRIO ZAPPALA’ ” 27
PIO CARMINE REMOLLINO ” 31
GAETANO RODA ” 31
ANTONINO DI PAOLA ” 32
MIRCO CASTELLARO ” 33
NAZZARENO BASSO ” 33
VINCENZO PETTENI ” 34
SALVATORE SEMINARA ” 34
CARLA GOZZI ” 36
UMBERTO LUGLI ” 38
FAUSTO VENTURI ” 38
ARGEO BONORA ” 42
FRANCESCO BETTI ” 44
MARIO SICA ” 44
PIER FRANCESCO LAURENTI ” 44
PAOLINO BIANCHI ” 50
VINCENZINA SALA IN ZANETTI ” 50
BERTA EBNER ” 50
VINCENZO LANCONELLI ” 51
LINA FERRETTI IN MANNOCCI ” 53
ROMEO RUOZI ” 54
AMORVENO MARZAGALLI ” 54
ANTONIO FRANCESCO LASCALA ” 56
ROSINA BARBARO IN MONTANI ” 58
IRENE BRETON IN BOUDOUBAN ” 61
PIETRO GALASSI ” 66
LIDIA OLLA IN CARDILLO ” 67
MARIA IDRIA AVATI ” 80
ANTONIO MONTANARI ” 86

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Àncora.

di Stefano Giolo 15 Luglio 2016

La verità è che non importa niente.
Non importa il tempo.
Non importa lo spazio.
Non importa.
Solo un istante

breve

non serve accada nulla.
Un istante

breve

lungo

immobile.

Non importa.

Cancello tutto. Torno indietro.
Mi riporti alla partenza.

E ricomincio di nuovo a tentare di allontanarmi,
di andare altrove,
di cercare altri mondi.

E poi tu.
Di nuovo.
Di nuovo ancora.

Non cambierà.
Non ancora.
Àncora.

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Cammino comunque sia in una direzione

di Stefano Giolo 13 Luglio 2016

Cammino in bilico su un filo

indeciso tra rincorrere e fuggire.
Cammino comunque sia in una direzione.

Cammino in bilico su un filo
tra la coscienza di saper rovesciare un mondo e la noia del non volersene sporcare le mani.
Cammino comunque sia in una direzione.

Cammino in bilico su un filo
sul pavimento, dove comunque non posso cadere.
Cammino comunque sia in una direzione.

Cammino in bilico su di un filo
attendo che tu mi prenda per mano, ovunque tu ti trovi
Cammino comunque sia in una direzione, ovunque essa si trovi.

Là rovescerò il mondo. Ovunque serva. Comunque serva.

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L’attesa

di Stefano Giolo 2 Luglio 2016

Sei stato tu -nel tempo- ad insegnarmi l’attesa.
Non ero in grado -prima di te- di sedermi ed attendere. Nel silenzio.
Cullare lentamente il desiderio, sorridere dell’assenza, dare da bere ai sogni senza costringerli in nessuna direzione, osservarli crescere. Ed attendere.
Da semi distorti di confuse pulsioni mi hai insegnato a far nascere ciò che può essere armonico.
E ancora -o per la prima volta dopo di te- attendo qualcosa di nuovo. Non posso dire che io ci creda, non posso dire che io non ci creda. Non posso dire cosa sia. Ma mi fa sorridere.
Scrivo più strano dopo la mezzanotte.
Scrivo più bello forse.
Scrivo più vero.
Ma qualunque cosa sia, lo carezzo, lo attendo. Lo aspetto.
Non importa cosa sia, cosa possa o non possa divenire.
Sorrido.
Mi sento a casa.
E attendo il divenire, il divenendo.

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Le parole nel tempo, ciò che è scritto non se ne andrà.

di Stefano Giolo 18 Giugno 2016

“Io voglio essere la tua oasi e vorrei tu fossi la mia, non qualcosa da lasciare indietro ma un luogo dove tornare a respirare, a bere acqua, a rinfrancarsi, da portare nel cuore chiamandolo casa.

Vai dunque, e quando lo vorrai, allunga la mano e cerca la mia.”

Le parole assumono significato nel tempo.
Il tempo stesso assume significato nel mutare delle parole.
Il tutto in un continuo circolo che è paradosso.

“Vai dunque. Ci sono altri mondi oltre a questo”
-Roland di Gilead-

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Fallimento

di Stefano Giolo 18 Giugno 2016

Non se ne andrà questo senso di fallimento.
Sono stato in un luogo, oggi. In un prato in cui ho fatto l’amore con te anni or sono.
Di nascosto da un mondo. Non lo ricordavo.
Come un pugno nello stomaco il mondo ancora una volta si è voltato.
Ancora una volta
mentre  sei lontana.

Scrivo.

Scrivo di un sogno in cui t’incontrai tanti anni prima,
il mio primo ricordo d’infanzia su cui costruire un altro mondo che potrebbe portarmi lontano.
Ne mancano ancora due da raccontare ed un mondo.
Lontano.
Racconto di te,
di ciò che sei stata in un altro mondo ancora
di cosa sarei stato senza incontrarti
poi il mondo si volta nuovamente.

Il mondo si volta.
Ancora una volta.

Si aprono porte,
si aprono nuove porte,
grandi porte.

E chi mi guarda vede quello in cui tu mi trasformasti,
non il fallimento di aver perduto me stesso in questo mondo.
Chi mi guarda ci crede davvero, più di quanto io
-miscredente possibilista-
possa mai credere.

Chi vede non sa nulla di cosa c’è dietro tutto questo muro
dietro questi mondi.

Ve ne sono altri, è vero, vivo tra i mondi, tra i monti, tramonti, tra morti, tramortiti sentimenti ritorti.

Non se ne andrà il senso di aver fallito,
e non importa se vincerò il mondo,
se conquisterò la vetta.
In tutto questo avrò fallito.

Non importa perché tornerai,
lo hai sempre fatto.
E te ne andrai in un altro mondo.
In un altro modo.

Forse mostro, forse musa, forse sogno, forse solo una foto nel tempo, forse tutto questo assieme.
E fallirò ancora.
Anche sull’olimpo.
Anche conquistato il mondo avrò sempre e comunque perduto il mio unico desiderio.

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Ore sogni

di Stefano Giolo 1 Giugno 2016

L’idea solo che da lì a poche ore, o giorni avrei potuto incontrarne lo sguardo mi tenne sveglio per giorni. Ero consapevole che non sarebbe accaduto niente di diverso dal solito nulla, era il nostro ruolo che ciò accadesse in questo modo. Ma era qualcosa dentro, qualcosa che non avevo scelto. La cosa che faceva sì che incontrassi quello sguardo in un mondo o nell’altro, da una parte o dall’altra del confine onirico. A intervalli regolari. Ed era l’incontrarla di rado a farmi invecchiare in fretta tra una volta e l’altra pur di accelerare i tempi.

Non fu che un giorno normale, forse più lungo, forse più silenzioso. Veloce e forte sentivo il mio battito nel vuoto tra le clavicole come a rimbalzare. Fu un giorno come non poteva non essere.
Come non poteva non essere, e nulla più.
Avrei voluto ogni istante poter entrare nel suo mondo. Incontrarla ancora nel suo mondo e scoprirlo vicino o lontano dal mio. Conoscerne sfaccettature che non conosco, amarlo od odiarlo. Avvicinarmi o fuggirne. Esaminare l’ascendente che nonostante tutto continua ad avere su di me.
Ma era un giorno come un’altro, come ce ne saranno ancora. Come ce ne sono già stati. Solamente un giorno, un momento, un nulla.

L’idea solo che da qui a pochi giorni, potrò reincontrarne lo sguardo mi tiene sveglio da giorni, o forse anche ora sto sognando e tutto questo è solo l’immagine del libro che ho chiuso prima di sdraiarmi.

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La torre.

di Stefano Giolo 19 Maggio 2016

Esiste una torre lontana, odiata da tutti, odiata dalla tua genia.
Si staglia contro il mondo con sfacciata inutile superiorità.
Esiste una torre lontana, visibile da ogni landa di questa terra stanca in cui il mondo è andato avanti.
La sorveglia dall’alto, ridendo con i suoi occhi rossi.
La sorveglia dall’alto, irridendo con i suoi occhi rossi.
Ma io la amo quella torre.
Non per ciò che rappresenta ma per ciò che mi rappresenta.
Il luogo lontano verso cui guardare e sapere che tu esisti, che sei lì, che lotti, che lotterei accanto a te.
Il luogo lontano, all’orizzonte verso cui guardare per cercare la forza che vive ai suoi piedi.

Chiedimi ancora una volta delle scelte che ti sembrano pavide.
Chiedimi ancora il perché.
Fammi le domande giuste e non ascoltare le risposte.
Guardami solo negli occhi.
Guarda questa luce.
Contiene ogni risposta, ogni coraggio.
Ogni perché.

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Lettera sul nulla che è tutto

di Stefano Giolo 14 Maggio 2016

Continuo a ripetere ossessivo nella mia mente le stesse note

“Nulla cade dal cielo, ad eccezione delle stelle quando, avvolte nel velo della notte, come perle scivolano dal niente dentro ai sogni della gente.”

Una canzone di Gazzè, non un caso, non una scelta.

“Nulla sfavilla al confronto dei lunghi albori sul mare, quando lampi amaranto fabbricano martingale di luce sospesa, pendente, a sorreggere l’orizzonte.”

Penso ancora all’averti vista ed al mio modo nuovo di viverti, l’unico in fondo che mi sia possibile, l’unico che la mia mente possa reggere davvero senza che qualcosa straripi e si scontri con qualcos’altro. Senza che qualcosa vada a cozzare con qualcos’altro e lasciando che tu faccia di me -involontariamente- qualcosa di migliore, qualcosa che trascenda il mio essere stesso

“Nulla assedia la mente, penetra, invade, conquista,
come il pensiero costante di averti vista.”

E non è questione di amore, o di sogno, o di qualsiasi romantico disegno da raccontare in musica, non è un qualcosa a cui anelare o da cui fuggire, è semplicemente ciò che è ed è così che scelgo di viverlo. Semplicemente per ciò che è, di momento in momento. Di ora in ora. Ho lottato una vita a costruire mura, fortificazioni, armi e corazze, ho passato una vita a distruggerle, ho passato una vita a destrutturarmi e ricostruirmi fino ad essere quello che sono oggi, fino a stare bene con me stesso. Solo con me stesso. Trovo sia raro, soprattutto oggi, arrivare ad essere autocompleti, a sentirsi parte di un mondo come entità a se stante in grado di provvedere ai propri bisogni a pieno. E ci sono arrivato oggi. Un oggi così vicino da apparire minuti fa, secondi forse. Ed è lì che ti ho vista. Forse pochi istanti prima. E non importa. Non importa nulla perché il solo guardare le tue labbra, il sentire la tua voce mi rende consapevole che posso essere migliore, che posso dare di più, che quando sto cadendo, mollando, frenando esiste qualcosa per lottare più forte. E non si tratta di lottare per te, per quelle labbra, quella voce, non si tratta di perdere me per quelle labbra, quella voce, per te. Ciò nonostante sono una spinta di cui potrei fare a meno ma di cui non ha senso privarsi, si tratta di lottare nel mondo e non arrendersi mai.

“Nulla precipita gli occhi più di abissi o spaccature, se visti da certe alture di nuvole e pennacchi.
Il resistere tenacemente di ogni essere vivente…”

E non desidero viverti accanto seppure saprei farlo, non desidero amarti seppure potrei farlo, non desidero lottare per rendere la tua vita migliore benché sicuro di esserne in grado. Benché sia pronto a farlo. Perché esiste un equilibrio, perché oggi la mia vita è migliore di quanto non lo sia mai stata, perché oggi la mia vita è come alla fine di una storia di cui sai esistere un seguito che non conosci, quando ti pregusti l’idea di cosa potrà essere scoprirne una nuova parte.

“Nulla crepita e schiocca tra parole in assemblea, come fa un’idea che di quelle non trabocca ma persevera paziente, finché giunto sia l’istante.”

Ed è così che il concetto stesso di “averti” diventa privo di significato, ricoperto di un velo di tempo, come un orologio immobile che abbia acquistato un altro significato e non serva più a segnare le ore.

“Nulla assedia la mente, penetra, invade, conquista,
come il pensiero costante di averti vista,di averti vista”

Ed ancora il ricordo del tuo sorriso, sta notte, oggi, domani rivolto al mondo -o a chiunque, o non a me, o a me non importa- è motivo sufficiente per divenire migliore rispetto a me stesso senza neppure scegliere di cambiare o essere, senza neppure scegliere.

“Nulla interrompe e spariglia le cose ed il loro andamento, come la grandine e il vento, quando ogni chicco è una biglia, e di quell’Alto soltanto furente l’urlo impazzito si sente.”

Perché tu? Non lo so. Non l’ho scelto. Perché io? Vorrei chiedermi. O perché no? Ma non importano queste domande.  Non è questo che cerco. Non sono risposte. Vivo un altrove da qui, dove queste cose non importano, dove tu esisti come parte in un universo di cui faccio parte io stesso in un tutt’uno con gli altri, e non è questa stoffa azzurra tra le dita, non sono le parole dette o sentite, o le domande o le risposte a renderci parte di uno stesso uno in cui non conti ne tu ne io. Ma se fossi tu a chiederti perché, perché tu, perché io, non ti risponderò. Voglio solo che il mondo, le emozioni, la vita mi attraversi come quando osservo, sento, vivo ciò che osservo, sento, vivo quel sorriso, quella voce, quell’anima che sei.

“Nulla assedia la mente, penetra, invade, conquista,
come il pensiero costante di averti vista.”

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Non è la vista

di Stefano Giolo 13 Marzo 2016

12/03/2016

Non è la vista

Sono i suoni che definiscono il mondo
ad occhi chiusi percepisco il mondo
le direzioni, le distanze
ad occhi chiusi
percepisco la tua pelle
non distratto dalla vista
il tuo odore non coperto da profumi.

Non è la vista
-così fallace-
a definire il mondo.

Ed io attendo
-ad occhi chiusi-
di percepire il tuo passaggio.
Di nuovo.

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Ora

di Stefano Giolo 21 Febbraio 2016

Non avevo mai compreso fino a quel momento ciò che mi dicevano degli uomini, non avevo mai compreso fino a quel momento ciò che volesse dire umanità. Ero giunto in questo mondo per vie che voi non comprendereste, ero giunto in questo mondo per mezzo di ciò che voi chiamereste dolore, di ciò che voi definireste sofferenza. Non le conosco, non ancora, queste cose, non mi appartengono questi termini. Ero giunto in questo mondo come ognuno giunge al proprio, un istante prima non esistevo, il successivo ero qui con una storia davanti ed una dietro, un puntino in movimento su di una linea infinita pronto ad andare avanti nel tempo e non tornare mai indietro. Come tutti voi.
Avevo sentito i vostri cuori battere e visto i vostri occhi inumidirsi, avevo sentito parlare di cose che non comprendevo, avevo sentito dire che la mia storia era triste, che ero forte, che sentirla e vedere qualcuno superarla rendeva felici ma non conoscevo queste parole, non avevo mai vissuto nulla di ciò che sentivo raccontare. Non avevo mai compreso il significato intrinseco dei gesti, del cingere persone con le braccia o del guardare negli occhi.
Solo un giorno d’improvviso fu come entrare davvero in un corpo o come se una pelle si togliesse, fu come sentire qualcosa di stretto infilarsi caldo sul corpo o di freddo sfilarsi.
Fu guardando il tuo sguardo ma non fu quello sguardo, sembra un tempo remoto ma mi guardo indietro ed è accaduto oggi, solo poche ore fa, pochi minuti, sta accadendo ora, in questo esatto momento, adesso. Ed è un’abbraccio, ed è un bacio ed è il caldo ed il freddo, il cuore che batte, trabocca, il cielo dentro e la testa che non può contenere ogni cosa e vortici e il silenzio e la musica e non importa il dopo, il domani, il tra poco, sia quel che sia ho provato questo infinitesimo istante.
Sono a casa.

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Nebbia

di Stefano Giolo 20 Dicembre 2015

Ricordo
Come fossero un passato
sogni che ho sognato
-forse qualche istante creduto-
nella nebbia di questa passeggiata notturna
-solitaria-
il tuo viso,
i tuoi occhi chiari,
le tue labbra
perdute in questa notte
-forse mai viste davvero-
immaginate nei silenzi di questa musica che ascolto
allontanarsi e nella distanza confondersi in un non nulla

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Lama

di Stefano Giolo 4 Ottobre 2015

È affilando la tua lama che cambio, che al termine del mio mese genetlìaco inizio un mondo nuovo senza compromessi.
È sempre stato l’inizio
-la fine-
il capodanno reale che a dispetto del mondo ho sempre festeggiato
in
solitudine
raccolta.

Affilo la lama del tuo coltello e lascio tu possa scegliere di usarlo
non temo più quello nè altro
non temo più
non tremo più

lascio che il mondo resti indietro
-o vada avanti, non mi importa-
mentre incontro un nuovo mondo che sa di vecchio mondo
un vecchio mondo che sa di nuovo mondo

affilo la tua lama perché ora la so usare
non userò la tua lama perché non ho bisogno di usarla

è la mia strada,
quella mi è stata negata per lasciarmi il tempo di vederla
quella che mi è stata negata per darmi modo di dimostrane l’attaccamento
è la mia strada.

Ed improvviso una luce si accende.

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Fessura nel tempo

di Stefano Giolo 27 Agosto 2015

Sento ancora scorrere le mie dita, due, nella fessura sul tuo corpo, lentamente.
Come fosse oggi le sento scivolare dall’alto al basso ripercorrendola tutta mentre stiamo abbracciati.
I muscoli della tua schiena né rilassati né contratti, lisci sotto il vestito, sotto quella maglia bianca di lino con sul petto un apertura ricoperta di azzurro quasi come un pizzo e quelle maniche lunghe che scendono con i polsini allargati a strascico e le mie dita a scorrere sulla fessura che i tuoi muscoli sulla schiena lasciano a nascondere la colonna vertebrale.
Ho i tuoi capelli accanto al mio zigomo,
il loro profumo,
chiaro,
chiari,
il loro profumo,
i tuoi capelli come se fossi stata creata per essere tutt’uno con me,
con il mio corpo
danzando lentamente al suono di musiche del tutto nostre.
Sono passati anni -decenni- da allora,
sono passati anni -decenni-.
Siamo invecchiati nel tempo,
certamente anche tu,
lontani nel tempo,
lontani,
siamo invecchiati.
Ti feci una promessa allora -non la ricorderai- ed oggi mentre la ripenso, mentre ti ripenso, mentre penso alle mie dita nella fessura della tua colonna vertebrale mi chiedo come sia oggi la tua schiena, come sia il profumo dei tuoi capelli, come siano cambiate le nostre altezze e provo ad immaginare se tra le mie braccia il tuo corpo possa stare ancora perfettamente come quella volta, quell’unica volta, prima ed ultima, inizio e fine.

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Avanti

di Stefano Giolo 30 Luglio 2015

Non è necessario siano dodici i gradi,
è l’umidità che conta,
il vento e l’aria elettrica di ora,
sono le sere in cui non c’è davvero freddo ma senti comunque i brividi,
che ti verrebbero anche se ti coprissi,
che mentre sei fermo a fare benzina o passeggi con un gelato in mano senti gli oggetti tintinnare
e ti guardi attorno come dovesse succedere qualcosa,
come se dietro le ombre si potessero nascondere altre ombre,
le sere in cui ti siedi in macchina e senti un profumo che non può essere lì come se accanto ci fosse stata Lei,
come se mentre eri girato tra le ombre fosse passata davvero un ombra o una luce un’istante.

La sua pelle,
l’odore la sua pelle,
l’odore del profumo sparso sulla sua pelle.

E vorresti prendere e fuggire,
prendere e rincorrere,
prendere e come in una ruota da tortura spaccarti in due per seguire le tue folli parti,
la tua razionalità ed il desiderio,
la follia,
e vorresti farti trovare là dove non devi,
dove potresti al massimo far trovare dei fiori come in passato,
dove non saresti accolto o lo saresti troppo
dove ogni movimento sarebbe frainteso o forse profondamente compreso,
dove ogni movimento, parola, istante sarebbero vere quanto lo sono su un palco,
poco per chi non sa e troppo per chi conosce.

Ed il vento scompiglia i tuoi capelli,
ed il freddo che non c’è congela ogni tuo muscolo impedendoti di muoverti,
di essere,
di aspirare,
di respirare,
di pensare se non che quel profumo è così reale,
reale tanto da bruciare i polmoni,
tanto da far tremare le mani,
reale tanto da.

E poi d’un tratto come un orgasmo che muore riprendi la tua strada e cerchi di dimenticare,
vai avanti lasciandoti seduto in un angolo da qualche parte nella tua testa,
lasciandoti seduto a fare quello che vuoi fare, non importa ma fallo da solo, fallo senza di te, fallo lontano che tu devi andare avanti, avanti, avanti sempre ancora.
Vai.

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Viscido

di Stefano Giolo 12 Luglio 2015

Ti osservo da un po’, sei lì, seduto immobile con gli occhi chiusi.
È ora di svegliarsi mio amato, è ora di vegliarsi.
Scuoto il pavimento.
Ti osservo mentre improvvisamente apri gli occhi, lo sguardo allucinato con il quale ti guardi attorno, spaventato attonito incredulo nel buio.
Ti osservo.
Senti il morbido di quel molle pavimento sotto il tuo corpo.
Viscido.
Senti le pieghe morbide e tumide su cui sei seduto.
Viscido.
Ti osservo mentre come cieco abbassi le mani e lo tocchi, ne saggi la consistenza, cerchi di comprenderne il significato mentre la tua mente torna lentamente attiva, lentamente.
Ti metti a carponi mentre speri che il tuo sguardo si abitui al rossastro buio che ti circonda.
Ti metti a carponi e tocchi
viscido
ciò che ti circonda.
Vedo nei tuoi occhi la paura, il dubbio, l’incomprensione prima e poi lentamente montante dal nulla all’estremo il panico.
Ti alzi in piedi e urli a squarciagola, urli, urli come se qualcuno potesse sentirti ma solo io
dentro di me
posso sentire la tua paura il tuo terrore.
Guardi la discesa di fronte a te, il buco pulsante e scuro che ti porterebbe dove non puoi sapere e mentre gli occhi si sono abituati sono più grandi, più veloci
si muovono senza tregua attorno con le tue mani, con la tua testa con il tuo collo
scivoli
per un momento scivoli verso la fossa
il buco
l’uscita sbagliata
ma ti aggrappi, ti aggrappi alle tumide pieghe rosse e non cadi
ti arrampichi, sali, ti arrampichi e torni in posizione sicura.
Ti osservi attorno circondato di questa molle situazione mentre osservi in alto e guardi l’altra possibile uscita.
Sei nella follia del panico
sei nel non controllo della paura
sei nell’ossessiva ricerca di comprensione di qualcosa che non puoi capire
urli ancora.

Urli.

Calci la parete molle accanto a te, le dai pugni, le dai calci ancora e ancora pugni urlando e non ti accorgi che in tutto questo si muove
ciò che ti circonda si muove e si agita mentre io ne godo
ma non è ancora il momento di lasciarti andare, non è ancora il momento.

Ti fermi e controlli nelle tua tasche ciò che puoi avere.
Nulla ovviamente
ma tu controlli e speri ricordando di aver scordato qualcosa

Ti siedi nuovamente sconsolato.
Con una mano carezzi una molle piega su cui seduto mentre sei sovrappensiero e questa ancora in uno spasmo si muove,
ti sposta, ti allontana
gioisco nel mentre
sorrido
Il tuo sguardo si rabbuia qualche istante, vedo le tue sopracciglia avvicinarsi tra loro, le pupille puntare verso il basso come a cercare concentrazione, il tuo sguardo si sposta leggermente di lato, verso destra,
ricordo quella tua espressione, quella di quando frughi nella tua testolina a cercare un’idea, un ricordo, un appiglio.
Non mi serve supporre o immaginare ciò che stai per fare ed infatti porti la mano alla fronte e ti massaggi le sopracciglia mentre osservi qualcosa di inesistente oltre la tua mano o meglio dentro la tua testa. So già contare i secondi che ti ci vogliono prima di vederti alzare, togliere la mano dalla faccia e guardare in basso col collo incurvato quasi a guardare così in basso da guardare sotto il tuo stesso braccio poi dopo aver fatto due passi provi ad arrampicarti sulla superficie ruvida e ricca di pieghe e mentre ti arrampichi le pieghe stesse si allargano, si muovono, si agitano sempre di più ed io ti osservo e rido e penso a quanto ti amo e quanto nella mia vita tu sia stato un punto di riferimento e al contempo rido di questa tua situazione.
Rido
e mentre rido tutto attorno a te si muove ancora si agita come se ciò che ti contiene fosse preso da convulsioni
ma non è ancora il momento, sto godendo della situazione ma come se stessi facendo l’amore con te non voglio arrivare subito al momento fatidico, voglio gustarmi ancora la tua situazione mentre scivoli e ricadi nuovamente sul fondo e scalci a terra e dai pugni con la faccia della rabbia, con la faccia di chi vorrebbe una mazza per spaccare tutto anche se non c’è niente.

Ti fermi.

Osservi.

Per un istante hai nuovamente l’aria di chi ha capito e ricominci ad arrampicarti, incessantemente nonostante le scosse, nonostante i movimenti inconsulti sali attaccato come un ragno o un geco alle pieghe e mentre queste si muovono, mentre si scuotono, mentre cercano di cacciarti tu resti aggrappato fina a giungere quasi all’uscita.

È quello il momento in cui una scossa più forte mi dice che è il momento del piacere
il momento in cui ti lascerò andare fuori per sempre dalla mia vita
il momento in cui il mio stomaco ti sputerà fuori da questo mio mondo nel cesso di un bar schifoso dietro la cui parete amici sorridenti ed ignari mi aspettano.

E ti osservo mentre risali il mio esofago impigliandoti un istante nel cardias come per trattenerti, spinto dagli acidi in cui neppure ti accorgevi di essere.

Mi sembra di vederti un istante in mezzo alla cena di questa sera mentre premo il tasto dello sciacquone, mi sembra di sentirti urlare mentre soddisfatta mi pulisco la bocca e risistemo il trucco, mentre la bolla attorno a me scompare.

Ora posso tornare a sorridere, ora posso tornare da loro.

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Vago

di Stefano Giolo 4 Luglio 2015

Guiderei ore questa notte
-nel nulla di un tutto-
senza meta.

Guiderei ore, chilometri verso un nulla
-come un tempo con te-
nel silenzio di strade non frequentate

Penso a te ad ogni matrimonio
-ancora-
come se ciò che resta irrisolto fosse risolvibile dal tempo
e navigo nel mondo senza un pezzo

Dopo ore a ridere bere e parlare al microfono
-Jolly della festa-
dopo ore a regalare sorrisi penso a te
sulla strada
nel silenzio
ancora
ancora
ancora

ancora

E guido senza accanto nessuno.

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Qualcosa nel tempo

di Stefano Giolo 8 Giugno 2015

Qualcosa nel tempo

Cambia, nel tempo il tempo

nel tempo

cambia
il tempo che passa.

E così il sigul che porto al collo
ricordo d’un tempo mi porta nel tempo ad un nuovo tempo

Il sigul che scrissi,
torna a bussare e richiamarmi al passato

Il Ka, una ruota che gira, che prende, che da che restituisce e poi toglie.
Avanti, indietro e ancora tra tornanti di andate e ritorni,
Avanti ed indietro nel tempo che va e poi torna e poi va.

Qualcosa si sblocca mentre la mia gola si chiude,
qualcosa di sblocca mentre la mia mente respira,
qualcosa si sblocca mentre il respiro del corpo si fa flebile,
qualcosa si sblocca mentre sembra ruotare il senso come un rapace in circolo
verso qualcosa.

Qualcosa.

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Ruotano

di Stefano Giolo 1 Giugno 2015

Ruotano i fantasmi

dentro

ruotano

dentro

i fantasmi ruotano

dentro i fantasmi

ruotano

dentro

i fantasmi

ruotano dentro

i fantasmi ruotano dentro

ruotano

i fantasmi dentro ruotano

i fantasmi

dentro

ruotano i fantasmi

dentro

ruotano

dentro

i fantasmi

ruotano

dentro

i fantasmi  

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Innamorarsi in assenza (La porta del paese delle meraviglie – Prequel) (edited)

di Stefano Giolo 14 Aprile 2015

*il post è stato modificato dopo la pubblicazione iniziale*

Osservarti di spalle
mentre non ci sei,
osservarti tra la folla muoverti come so di per certo ti moveresti se fossi qui,
anche se non ti ho mai vista ad un concerto, anche se non ho mai visto le tue braccia alzarsi, anche se non ti conosco ancora davvero.

Osservarti di spalle
con i tuoi capelli ricci, il tuo collo lievemente scoperto, le tue spalle anche se non sono tuoi
ed innamorarmi un istante un po’ più di te anche se non ti ho mai amata.

Innamorarmi di te che non sei qui, di te che non ho ancora amato
ma chissà,
il tempo cambia le cose, cambia dentro cambia.

Innamorarsi ancora un po’ di un’immagine che potrebbe essere o non essere di te
o di ciò che di te conosco
o di te suppongo di conoscere

eppure  in tutto questo sembra esserci un
flebile
filo
di certezza insensata
mentre l’unica sensata è che quella non sei tu
è solo l’immagine che si sta creando dentro di te in me.

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Passi

di Stefano Giolo 26 Marzo 2015

Ad ogni passo
-lento-
per quanto live corrisponde il suono frusciante della neve pressata al di sotto delle corde che costituiscono la racchetta da neve.
Le gambe -pesanti- proseguono nel loro lavoro incessante, il ginocchio dolorante si piega,
si alza,
permette al piede
-lentamente-
di salire, di alzarsi dalla neve, da quei centimetri in cui è sceso nonostante la racchetta che intanto si stacca dal tallone inclinandosi e lascia cadere
-piano-
la neve che vi si era depositata poco prima.
I muscoli della coscia hanno un solo breve istante di riposo mentre la gamba sta scendendo nuovamente verso il legno che stava tracciando un solco con il vertice dietro abbassato e torna orizzontale a sprofondare lievemente
-ha nevicato da poco-
e mentre il ginocchio diminuisce l’angolatura il quadricipite torna ad irrigidirsi per sostenere il peso del corpo
-gli acidi lattici-
si fanno sentire
-i chilometri-
le ore di cammino e la salita
-il freddo-
mentre arriva il momento di un altro passo che
-lentamente-
porta avanti ancora di qualche centimetro tra infiniti centimetri dietro in basso da un dove verso altrove molto più in là il freddo
-pungente-
come aghi di questi pini di cui l’odore si spande attutito dall’umidità a congelarsi entra nelle ossa col vento
le braccia intirizzite tremano lievemente
-ed il fiato-
si congela
-l’acqua-
il mondo col vento del nord che soffia bianco trito di ghiaccio a colpire gli oggetti
-il volto-
nel silenzio
-l’anima-
irreale dietro le urla tra le fronde degli alberi e si fa che spazio nella mente.
-gli occhi-
Un altro passo, una fitta al ginocchio, ancora uno e poi sarà di nuovo un adesso
-lentamente-
un fruscio della neve pressata mentre il piede comincia ad alzarsi

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Risposte

di Stefano Giolo 24 Marzo 2015

Nelle notti insonni e nella trascendenza di viaggi interiori dovuti a meditabondi mal di testa pochi pensieri pulsano al ritmo stesso del battito delle vene, la tua vita non durerà a lungo, ancor meno se continuerai a strapparne pezzi a morsi, ma chi vorresti infine quel giorno accanto?
Una persona.
Molte.
Forse nessuna.
Questa stessa è la risposta di molte domande, quali non importa neppure saperlo.

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La danza dell’essere infiniti

di Stefano Giolo 9 Marzo 2015

Sono passate alcune notti da che ti ho sognata, ma resta indelebile la sensazione mentre sfumano i ricordi come fumo nel vento.
Ricordo d’essermi svegliato immerso nella sensazione d’infatuazione con cui nella più piena adolescenza ci si innamora la prima volta, ricordo di essermi svegliato stupito dal sogno stupendo e perfettamente coerente appena fatto.
Volevo alzarmi dal letto e scriverlo per filo e per segno, con il suo inizio, lo svolgimento e la fine perfetta come mai avrebbe potuto essere una storia ragionata a tavolino, rimasi a letto a cullarmi del tuo ricordo inaspettato proveniente da non so quale recesso della mia mente.
Al mattino non ricordavo più nulla. Non ricordavo neppure di averti sognata, ma provavo quella sensazione di dolce inquietudine che si prova poco prima o poco dopo di un bell’incontro.
Sono andato a lavoro pensandoti, pensando perché ti pensavo, e poi d’un tratto il ricordo di quel sogno.
Non saprei ripetere il finale, e neppure lo svolgimento a dire il vero, ricordo l’inizio, lo svolgimento che era durato moltissimo invece lo ricordo compresso in una sensazione che non saprei spiegare.

Ero in una casa di pietra, saprei dirti anche dove probabilmente, ma più probabilmente è un dettaglio che la mia mente ha aggiunto a posteriori, c’erano molte persone, anche queste seppure nel sogno ci fossero potrebbero essere identificate con persone che potrei aver aggiunto a posteriori, ma poi c’eri tu, e di questo non c’è alcun dubbio.
Ci incontravamo come non ci vedessimo da moltissimo tempo, come è poi un dato di fatto, ma anche come fosse inaspettato. Immobili qualche secondo che potevano essere secoli a guardarci con lo sguardo tipico indeciso di chi non sa cosa fare e perché.
Poi come se tu fossi miglia lontana prendevi la rincorsa per abbracciarmi. Ricordo come fosse reale l’istante in cui il tuo corpo ha abbracciato il mio, è penetrato nel mio e si è fuso al mio, ricordo come la sensazione che tu stessi danzando con e dentro di me, come se ruotassi e la tua testa attraversata la mia facesse una capriola e con te me e il mio corpo e la mia mente compenetrati a te, vedevo dai miei occhi e vedevo dai tuoi e tu danzavi e mi danzavi, e ruotavamo e volavamo e non eri più tu od io a guidare era un tutt’uno con infiniti occhi infiniti orecchi, senza più un corpo fisico ma con un corpo fisico, senza più essere due ma senza essere uno, come due enormi palline di plastilina di colori diversi amalgamate, ricordo i colori diversi eravamo azzurri e verdi, eravamo blu e rossi ed eravamo una sfera e una forma mutante immutabile in movimento.
E poi il finale, bellissimo, è rimasto nell’oblio dei sogni scordati.

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Souvenir

di Stefano Giolo 6 Marzo 2015

Sono il ricordino di un passato,
l’anello appeso al collo d’un amore perduto,
il carillon lasciato a casa quando vivi lontano,
la lettera nascosta in fondo al cassetto e mai gettata,
la fotografia sbiadita di un momento indimenticato,

Sono il ricordo di un passato,
e resto qui -nascosto-
in attesa di nulla.

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Comefossili

di Stefano Giolo 22 Febbraio 2015

Come fóssi lì,
come fòssi lì,
come fòssili nei fòssi,
come fóssi stato davvero.
Ma è troppa l’acqua scorsa per scorgere i trascorsi,
scorsi una via allora,
ed ora è come fóssi lì.
Nei fòssi
sul fondo fóssi
scorgo i fòssili di sogni trascorsi.

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Lettera d’amore

di Stefano Giolo 13 Febbraio 2015

Ricordo l’ultima volta che ti vidi, la penultima a dire il vero, ma l’ultima prima di quel momento.
Ti guardavo mentre mi sorridevi, ti guardavo come si guarda qualcuno che non si da per scontato non si perderà mai,
ti guardavo con l’aria distratta di quando si vede qualcuno ogni giorno, ogni istante.
Non potevo sapere che non ti avrei mai più rivista, che ti avrei rivista solo un’altra volta in uno stato ben diverso.
Non potevo comprendere l’amore che mi legava a te e il non avertelo mostrato ancora abbastanza,
ti osservai sorridermi e voltarti, allontanarti da me a passi lenti mentre lavavo i piatti, ti osservavo dalla finestra finché uscisti dal mio campo visivo e poi mai più ti vidi sorridere, mai più ti vidi voltarti con l’aria che solo tu avevi.
Ricordo il primo giorno che ti vidi, schiva e solitaria.
Bellissima, e schiva, e solitaria, e timida.
Ti scelsi subito perché eri tu che volevo, ti scelsi subito perché avvicinandomi non fuggisti, ti lasciasti dolcemente sfiorare, fu come cogliere un fiore, come cogliere tutta la bellezza di un mondo in una mano.
Ricordo i mesi che passammo assieme, la tua diffidenza crescere e calare, e scivolare come una vibrazione di un diapason prima forte ed instabile poi sempre più stabile e poi flebile in oscillazioni sempre minori, fino a quel giorno, quel sorriso.
Non da molto lasciavi che io sfiorassi il tuo intero corpo, che ti prendessi tra le mie braccia e baciassi ogni parte di te, non da molto avevi cominciato a cercarmi a mostrarmi quell’amore che avevo già compreso, intravisto, amato a mia volta, non da molto avevi iniziato a lasciarti amare quel giorno che fu l’ultimo.
Furono improvvise le urla dalla strada, inaspettate, stavo asciugandomi ancora le mani dai piatti, non avevo capito che quel sorriso, quel lieve tentennamento, quel girarsi a guardarmi e fermarti un secondo era il tuo modo di salutarmi, di lasciarmi una fotografia nella mente, eterna ed indelebile, non avevo capito che stavi dicendomi “Ecco… io vado” e che stavi andando davvero.
Furono improvvise le urla dalla strada, mi chiamavano, chiamavano il mio nome, ci misi un po’ a capirlo a rendermi conto che all’improvviso tu non c’eri più, che ti avrei vista una sola volta ancora ma mai più sorridere, mai più camminare, mai più correre, mai più saltare.
Furono improvvise le urla di chi ti ha trovata accanto a tuo fratello che provava a salvarti rischiando a sua volta.

Ed ora non mi resta che il ricordo di te dopo anni, di come ad ogni goffo movimento ti uscisse un miagolio, di come rispondessi al tuo nome come ad un appello “io!” e tuo fratello che prima di allora era silenzioso che iniziò a miagolare e piangere come non mai, a far uscire un miagolio ad ogni goffo movimento, a ricordarmi ogni giorno di te, della tua bellezza, di quello che sei stata.

Precipitevolissimevolmente scivolo nei meandri dei ricordi di te.

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Tuffi

di Stefano Giolo 30 Gennaio 2015

Quando la osservavo passare dentro di me qualcosa inciampava
cadeva verso un abisso profondo appigliandosi solo all’ultimo istante al mio sorriso
Lei non era in grado di vedere questo tuffo
Lei vedeva il sorriso
Talvolta neppure quello perché non mi nascondevo ai suoi occhi

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Parto.

di Stefano Giolo 17 Gennaio 2015

Il mio cervello corre, corre.
Persone convivono, vivono, corrono in ogni direzione.
Razionale irrazionale.
Corre.

Per strada mi ritrovo a fare strade che non ho mai fatto ma che conosco,
strade nuove, vecchie, sconosciutamente conosciute.

Ci sei tu che corri nel cervello.
Corri, corri come non mai,
-ho letto da qualche parte che una pallottola che attraversi la testa ed entri diagonalmente finisca per girare radente al cranio e ruotare per tutto esso all’interno-
Corri e ti guardo e rido a vederti correre.

Nella mia testa.

Non posso chiudere nel cassetto una cosa così grande che non mi ci sta in testa.
Non posso chiudere nel cassetto qualcosa di così grande senza chiudere un pezzo di me.

Esplode nella testa come razzi la razione di irrazionalità che avevo nascosto razziando nella mia mente ogni relazione alla reazione del pensiero della tua immagine.

Dovrei fare pace col cervello se il cervello volesse far pace con me, se la testa non esplodesse di dolore come se non ci stesse più in sé come se il sé fosse solo un se o il se fosse sé, senza ma.

Mi accorgo di aver parlato del mondo, di aver parlato di me, di aver scritto ogni cosa ma non di te, o del tè o del significato che ha in me.

Corre corre ancora il cervello e la testa scoppia s’accoppia si copia sincopa si.

Una mia parte lo sa, l’altra l’accetta, l’altra si scontra, l’altra si affretta.
Fugge non va salta, lo fa.

Perché non ammettere ciò che è?
Perché se fosse partirei verso quel luogo che ho sempre voluto e nascosto e fuggito e impaurito.
Perché se non fosse sarebbe un gardner il proiettile.

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Silenzi

di Stefano Giolo 8 Gennaio 2015

Il mio silenzio era dovuto a due situazioni una dentro l’altra.
Al tuo regalo inaspettato,
Fuori incartato in un involucro di senso dell’abbandono, difficile da aprire, difficile da scartare, difficile.
Ma non fartene una colpa.
Dentro nascosta la consapevolezza che il mio io risponde a queste cose, non alle domande dolci che mi hai fatto fino ad oggi.
Risponde dove temi di farmi male.
Risponde dove arrivi con le unghie.

Grazie.

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“La difficoltà della solitudine si palesa quando la si confronta ad una compagnia piacevole‏”

di Stefano Giolo 3 Gennaio 2015

04/01/2015
Sono scivolato nei meandri di pensieri che non riesco a fissare,
Tra voglia di scrivere cose ed incapacità di farlo,
Incastrato tra me stesso e me stesso come un cuneo‏.

Incastrato tra me e te.
Incastrato.

Mi manchi, mi manca parlarti, viverti, sfiorarti.
Essere, camminare.

E non so se è solitudine o qualcosa
non so se è nulla o desiderio.

Giro lo sguardo verso te e vedo me,
lo giro ancora ed ancora incontro il mio sguardo.
Tra me e me, tra me e te.

Il tempo cura le ferite del cuore.
La mente regola il tempo che cura le ferite.
La mente regola il tempo che cura se stessa.

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Perdersi in uno sguardo

di Stefano Giolo 14 Novembre 2014

Fui illuminato all’improvviso dalla potenza della luce, come se il cielo aperto in un istante in uno squarcio avesse mostrato come il sole fosse invece che una palla un gigantesco universo che prima guardasse dallo spioncino convinto di non essere visto.
Nel cielo stormi di migliaia di storni volavano nel cielo terso e azzurro.
Non c’è nulla di più simile alle mani di una donna che danza musiche orientali per descrivere il movimento nel cielo di quei gruppi, quegli ammassi di piccoli corpi volanti che scendono, salgono come uno solo cambiando forme di istante in istante in modo continuo, in alto verso il cielo ed in basso tanto da sentirne lo spostamento d’aria, tanto da sentire l’odore delle piume e del grasso pronto per il freddo invernale.
D’improvviso vedere il bosco, nel bosco, attraverso il bosco.
Vedere cerbiatti, animali, volpi rincorrersi veloci, non della velocità della paura ma di quella della spensieratezza, sentire i pesci sfiorarsi nel fiume luminoso che scorre sotto questo ponte di pietra bianca e di legno scuro, vecchio, resistente.
Sentire il prato ed i fori respirare e muoversi, riconoscere le voci di ogni stelo e vedere le api posarsi, e grilli e cicale e cervi volanti muoversi ognuno per la sua strada, ognuno nella sua storia, ognuno affaccendato per i suoi bisogni. E sentire i tronchi degli alberi crescere lentamente come sempre ma inesorabilmente, inarrestabili.
Le rose, le rose luminose, illuminate che chiedono di essere carezzate e non colte, cantano soavi un richiamo di pace all’infinito.
Che sa di infinito.
Uno sguardo all’infinito dentro il tuo sguardo.
In un istante.

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Albe

di Stefano Giolo 26 Settembre 2014

09/08/14

Sciabordio del mare
e silenzio.
E il fruscio delle fronde
e silenzio.

Poi il mondo lentamente si sveglia
poi
il mondo
lentamente
si sveglia


09/08/14

è l’ultima alba sull’oceano,
l’ultimo ricordo,
l’ultimo scampolo di te,
dei tuoi occhi gonfi e stanchi
di un alba di tanti secoli fa.
Il mondo sta per finire
e con esso i sogni danzano
per divenire forse realtà.

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16/05/2012

di Stefano Giolo 16 Agosto 2012

16/05/2012

L’odore.

L’odore della morte.
Averlo sulla maglia
averlo ancora tra le braccia.

L’odore che sprigiona il suo corpo.
Inimmaginabile.
Inatteso.

Non è ancora di putrefazione,
troppo poco tempo.
Odore di morte, niente altro.
Sulla mia pelle,
sulla stoffa,
nella mia pelle.

Dentro.
Non se ne va, non se ne andrà.
Non serve lavare quella maglia,
non serve strofinarsi mille volte le braccia,
tra le braccia,
nelle braccia,
dentro.

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Perché ho smesso di scrivere

di Stefano Giolo 5 Agosto 2012

In questi giorni mi sono interrogato sul mio scrivere, anzi per l’esattezza sul mio non scrivere.
Perché non scrivo?
Non sento più il bisogno di scrivere?
Talvolta si, ma è ciò che vorrei scrivere a bloccarmi, o meglio chi leggerebbe e non trovo sensato scrivere solo per me, perché ciò che è scritto lo è per essere letto.
La vita è più frenetica, il tempo è meno, vivere da soli ti lascia determinate libertà ma contemporaneamente ti porta via molti tempi morti un tempo utilizzabili per creare, scrivere, comporre, suonare.
L’età fa calare determinati impeti letterari ma neppure questa ne è la causa.
Un tempo la mia vita era più “tumultuosa” come quella di ogni adolescente o ragazzo e amavo creare “mondi” immaginari o pseudo reali ed applicarli alla realtà del momento, scrivere cose struggenti ed applicarle a realtà non necessariamente tali, scrivere racconti o pezzi poetici da psico killer e camuffarli da rabbia adolescenziale, scrivere di uno sguardo incontrato per strada come fosse l’amore di una vita, magari applicarlo ad uno sguardo di persona reale ma non necessariamente corrispondente per giustificare il mio scrivere d’un amore che in realtà non esisteva.
Era semplice una volta immaginato -profilato- qualcosa di struggente trovare una situazione a cui applicarlo e quindi scriverlo già su una data situazione, era semplice data un immagine nella mente renderla reale su un volto, su un luogo, su qualcosa che rendesse l’immagine poetica una poetica realtà.
Ora il mondo attorno a me è cambiato, complice l’età, complice una stabilità (psicologica e sentimentale, dato che quella lavorativa decisamente non è per ora).
Scrivere un racconto sul sorriso di una donna, o l’immagine di un ricordo di un istante modificato nel tempo,  mi espone al dover spiegare alle persone che ho accanto da dove venga tale immagine, a inventare sia il sorriso della persona che ho accanto o a giustificare perché non lo sia,  scrivere del sentimento di vuoto ed assenza dato dalla mancanza di qualcuno mi espone a dover giustificare da dove venga questo desiderio di scriverlo, a inventare a chi applicarlo per quietare almeno parzialmente il dubbio, l’incredulità del fatto che possa non essere applicato a nulla di reale se non al ricordo di ricordi, o a un sogno estemporaneo.
Scrivere una parafrasi di passi della Bibbia mi espone al dubbio di blasfemia, da giustificare di fronte ai ragazzi che educo nello scoutismo, o più probabilmente ai loro genitori che al giorno d’oggi attraverso Facebook possono vedere praticamente tutto, compreso questo post.
Lo scrivere un racconto cyberpunk con la cultura che ci sta dietro legata a modi di dire volgari che lo rendono tale mi espone a sua volta agli stessi rischi, scrivere un racconto di morte invece espone al preconcetto che uno sia psicopatico, che non possa educar ragazzi, che stia male e vada educato quando magari è solo il parto di un sogno, o della visione di un film, o di un’innocente riflessione sulla morte, ma in passato ho scritto e non pubblicato cose ben peggiori che ai miei occhi sono sfoghi, o provocazioni ma agli occhi di una fidanzata, di un genitore, di un datore di lavoro risultano essere tradimenti, sintomi di violenza, mancanza di rispetto.
Poco importa se tutto ciò sia alternato con consigli su come cercare di avere un’informazione non di parte, o se provo a dimostrare l’esistenza dell’anima si può pensar di me che io creda d’esser arrivato chissà dove o essere chissà chi.
Infine se talvolta scrivo cose più filosofiche sulla vita, o cose sulla felicità, indubbiamente meno interpretabili, eppure a volerla tirar tutta tra le righe ci possono essere lì più pezzi della mia vita vera di quanto ce ne siano nel resto di quanto scrivo, ma non è sempre e solo questo che scrivo o che trovo da scrivere.
Io credo non di “scrivere” ma di “trovar qualcosa da scrivere” trovarlo dove? Nell’aria, nel mondo, sotto il cuscino, sotto il tappetino dell’ascensore di lavoro, nella tua tasca, lo trovo lì.
E poi io stesso rileggendomi mi chiedo chi abbia scritto ciò che ho trovato da scrivere, estraniandomi completamente da me, dal perché ho scritto da cosa ho scritto, dimenticando chi sia lo scrittore.
E da tutto questo nasce un ulteriore dubbio, diatriba, una dicotomia del pensiero, perché questo stesso scritto può essere compreso in fondo o può essere lasciato a un livello che mi indichi semplicemente come paranoico.
Quindi in definitiva la domanda è perché non scrivo?
Per che non scrivo o per chi non scrivo?
Non scrivo per chi mi chiede perché scrivo, non scrivo su chi sbaglia a cercare come interpretare ciò i miei scritti, non scrivo per chi quando descrivo un volto si sofferma a pensare a chi sia quel volto e non alla poesia che voglio esprimere, per chi quando scrivo di un amore vuole sapere se quell’amore esista  e non si sofferma a goderne semplicemente l’immaginario, non scrivo per chi quando descrivo un sentimento mi chiede a chi sia diretto e non si limiti a provare a viverlo per nessuno o tutti o chi vuole come lo vivo io scrivendolo, al contrario non scrivo per chi quando scrivo rabbia e insulti si sente offeso invece di chiedersi a cosa e chi siano rivolti e perché, non scrivo per chi non ha la capacità di astrarre dal conoscermi e non riesca a leggere un mio racconto horror, cyberpunk o splatter come leggerebbe il racconto di uno scrittore sconosciuto.
Non scrivo in definitiva per chi giudica e chi legge ciò che scrivo non per quello che scrivo ma per conoscere cose che non vi sono scritte.

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Assenza

di Stefano Giolo 11 Ottobre 2011

Surivived to night, I may going down pensandoti.
E ai momenti passati accanto seppur brevi intensi.
Tutto questo scatenato da un pensiero: l’assenza.

Non esiste nulla più forte del sentire la mancanza non per la distanza, non per il tempo ma per l’assenza.
Sono tante le persone della mia vita che non ci sono.
“Non ci sono” non “sono lontane”, “non so dove sono” o “non ci sono più”.
Non ci sono.
Quando di una persona si perde il contatto, ogni contatto, ogni modo di trovare un contatto, in qualche modo cessa di esistere, peggio del modo in cui cessa chi muore perché è talmente assente che non sai neppure se sia vivo o morto, se sia. Chi sia.
Capita, è la vita, e sono tante le persone scomparse così, nella vita di ognuno, dal compagno di asilo all’ex collega e non mancano, non sono e non mancano.
Ma qualcuna di queste però e, una in pericolare per me, è qualcosa, è molto, è più di un pugno nello stomaco, è assente. Non so più dov’è, chi è, se è viva o morta, se mai lo saprò, non so. E questa assenza, questa impossibilità di qualsiasi cosa è così priva di qualsiasi essenza da essere un buco nero. Vuoto. Silenzioso ma presente.
E questo impedisce di non essere.
Impedisce.

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Il Carrillon

di Stefano Giolo 27 Luglio 2011

Oggi per caso sono finito in una sezione nascosta del forum di Schegge Di Cristallo, studiavo il tipo di forum per vedere se era possibile bucarne un altro fatto con lo stesso codice e così dopo tanto tempo mi sono collegato come amministratore ed ho rivisto le sezioni private, è stato uno strano viaggio, interessante, tra cose felici e cose che è meglio rimangano la dentro e non ne escano mai più.

Tra queste ne ho trovata una interessante,  tra il malinconico e il sognante.
Ecco, così mi va di riportarla, dopo tanti anni, e rileggerla con gli occhi di oggi, anche perché credo non sia mai uscita da quel forum e forse mai nessuno l’ha letta.

Il Carrillon
30/05/2006

Vola principessa-angelo nel tuo azzurro mondo-cielo
lontano da me,
ma non ti scordar di me e delle pietre del fiume,
ne delle mie parole passate.
Le tue ferite smetteranno di sanguinare ma ne resterà il segno
e la nostra melodia nascosta continuerà a suonare nel tempo.

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D'istanti

di Stefano Giolo 26 Luglio 2011

E tornano in mente istanti distanti
istanti di astanti che corrono al rialzo
perché io sono ciò di cui hai bisogno
perché ti renderei felice
io e solo io,
perché offro di più
perché offro al rialzo
perché seppur distanti,
seppur con vite a se stanti
ricordiamo di istanti destanti
momenti che risvegliano l’anima

Sogno o son desto?
Solo questo il testo.
E d’istante un ricordo.
D’estate un ricordo.
Destate un ricordo.
Un istante lungo una vita.

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Cuori

di Stefano Giolo 24 Dicembre 2010

Penso al tuo cuore, così nomade, così caldo
al mio così apparentemente stabile, così apparentemente freddo.

Penso al tuo sguardo quella notte,
sguardo di madre e sguardo di bimba,
alle tue mani sul mio petto come fosse l’unico luogo.

E penso a quei cuori a navigare nel mondo accanto,
Il mio che lentamente si scalda col tuo
il tuo che pian piano prende casa, prende un luogo
il suo luogo.

Penso ad un cuore che non è che due uniti
penso a noi, ancora noi,
all’alchimia che ci unisce,
e poi… poi guardo te negli occhi, prendo le tue mani e camminiamo assieme

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Il mio mondo di scrivere è cambiato.

di Stefano Giolo 5 Settembre 2010

Il mio mondo di scrivere è cambiato, si il mondo non il modo.
Accorgermene è stato quasi improvviso, quasi in quanto in realtà sotto sotto me ne stavo accorgendo da anni.

Ho scritto diversi libri, quelli che ho completato sono tutti di Poesia. Ho pubblicato “Contrapposizioni” che in quel momento era il meglio di ciò che avevo ma che pecca a tratti dei difetti della gioventù, ho tentato poi di pubblicare “Ritratti” che nonostante sia ormai datato a rileggerlo mi emoziona ancora, è ricco di citazioni, cita ognuno degli altri libri che ho scritto e mai pubblicato, contenine significati più o meno nascosti nei meandri delle frasi, come e meglio di “Contrapposizioni“, e soprattutto contiene tanto, tanto me. Ho cercato di pubblicarlo ma ho avuto solo problemi, tanto da dovermi rivolgere ad avvocati. Ci proverò ancora, lo so già,
Poi… finito ritratti ho cominciato a dire che scrivo poco, che non scrivo più. Ho scritto altre poesie ma in modo inorganico, ne ho scritte alcune che sono tra le più belle che ho scritto, sono riuscito a esprimere concetti che volevo esprimere da anni ma… la poesia stava calando.

Scrivere è un po’ come l’amore, quando sei adolescente ami con un intensità, un calore, una forza innate, non esiste che l’amore nasca nei meandri della mente e si insinui, l’amore quando sei adolescente arriva come un tram in corsa e ti colpisce portandoti via in un istante e poi… e poi chissà spesso lo perdi alla prima fermata, o ti perde lui. Col passare del tempo l’amore cambia, non è meno intenso, è solo diverso, l’amore quando cresci un po’ comincia ad essere meno impetuoso ma più stabile, non ci sono giorni in cui ami alla follia e giorni in cui non ami affatto, ci sono giorni in cui ami, ami sempre non ci sono più i giorni in cui ti strappi l’anima ma non ci sono neppure quelli in cui lasceresti perdere tutto per una discussione.
Controlli di più le sensazioni e apprezzi di più ogni pulsione e sensazione conoscendola, è un amore che all’adolescente risulta un non amore quanto l’amore dell’adolescente sembra un non amore all’adulto. Si passa dall’amore di possessione a quello di donare tutto a quello di avere uno scambio, un interscambio, un’unità, due singolarità interconnesse. Ma nessun amore è un non amore, e nessuno è migliore dell’altro in senso assoluto. Si tratta di naturale evoluzione che il più delle volte accade sottobanco senza accorgersene neppure, anzi spesso uscendo dall’amore dell’adolescente si crede di non saper più amare perché non si hanno più le stesse sensazioni forti e quasi nel bene e nel male distruttive.

E così ho creduto di non saper più scrivere, qualche impeto ogni tanto, qualche poesia, valida, matura e qualche refuso di bassa qualità.
E poi altre cose che ignoravo.
Molte altre cose.

Così in questi giorni, partendo dal racconto sulla bellezza che ho pubblicato poco tempo fa ho seguito i collegamenti automatici, quei collegamenti che sotto ad ogni post suggerisce altri post, e da quelli altri ancora, ed ancora ed ancora. Ho riletto il modo ripetitivo che ho di scrivere alcune descrizioni, cosa che ricorda molto alcune mie vecchie poesie che a loro volta ricordavano Edgar Poe, quella porta della stanza, quel busto di minerva sulla porta della stanza, mentre le poesie si spostano ancora un po’ verso uno stile di Pessoa, ma non c’entra questo. Ho riletto e navigato tra un percorso e l’altro, ho riletto ed ho capito che non è vero che non scrivo, che scrivo poco.
Ho capito che c’è una logica, un percorso, ho capito che presto inizierò a comporre un nuovo libro, completamente diverso dai precedenti miei, e tra questo e gli altri, tra questo e “Ritratti” ci sono stati molti altri libri tentati, smangiucchiati, provati e mai finiti, iniziati, abbozzati, ma questo è il futuro, questa è la direzione che intendo prendere e scrivere.

Come l’amore, un nuovo amore, l’amore.
Questa è la direzione -dimensione – che intendo affrontare, è cambiato il mio mondo di scrivere, è cambiato il mio mondo di -da- amare e dopo mille tentativi smangiucchiati ora scriverò qualcosa di completamente diverso da ciò che ho scritto fino ad ora, qualcosa di davvero finalmente diverso.

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Del suo sorriso, della bellezza.

di Stefano Giolo 4 Settembre 2010

Avevi uno sguardo che avrebbe lasciato passare oltre ogni difetto, fisico o psicologico che fosse.
Avevi uno sguardo che avrebbe lasciato passare oltre ogni cosa che non fosse il mio cuore, o forse il cuore di chiunque abbia un minimo, infinitesimo gusto per la bellezza: la bellezza in genere, non i visi, le donne, non i paesaggi, non i tramonti estivi in lidi caraibici, la bellezza in genere, un ideale più alto.
Un sorriso di quelli che immagini sorridere anche quando chi lo porta sta piangendo, un sorriso che anche nel momento più drammatico avrebbe la capacità di farti pervadere da un senso di bene profondo.
Quel giorno ero ad una festa, difficilmente ricordo neppure cosa si festeggiasse, c’era molta gente e poca che si conoscesse ed in mezzo a tutta quella gente d’un tratto vidi un sorriso, uno di quelli che ti entrano dentro e poi non li puoi più scordare. Un sorriso di quelli che potresti passare su tutto il resto, di quelli che saprebbero donarti un gioia anche nel peggiore dei momenti.
Che bel viso, pensavo, no non tanto il viso in se ma il sorriso, quelle labbra così…. no. Non le labbra ma proprio il sorriso, il modo di sfoggiare quel sorriso e quello sguardo. Ti rende bella, talmente bella che potresti essere la persona più brutta del mondo che la tua bellezza lascerebbe alle spalle ogni altro pensiero. Che poi non ce ne è il bisogno perché non è solo il sorriso ma tutto, come è la forma del tuo collo, il seno pronunciato e ben formato e… no in effetti forse qualcosa…. ma no, quello sguardo, quel sorriso… il sorriso, quelle labbra così…. no. Non le labbra ma proprio il sorriso, il modo di sfoggiare quel sorriso e quello sguardo. Ti rende bella, talmente bella che…. e poi improvvisamente ti girasti e non riuscii più a vederti, a trovarti.
Nei giorni successivi mi misi a cercare nelle foto, nelle foto di amici, ovunque il tuo viso finché non riuscii, nella foto di un amico, a scorgerlo. Si, in realtà era una foto di oscena ubriachezza, il mio amico in una posa plastica a mimare qualcosa che non vorrei pronunciare qui aveva come sfondo il tuo sorriso che guardava giusto verso la fotocamera, forse dietro la fotocamera, forse me dietro la fotocamera. Ma non voglio illudermi di un tale sogno.
Eri tu. Cioè quello che conoscevo di te. Tutto quello che conoscevo di te.
Tutto quello che avrei conosciuto se mi fossi fermato a quel punto.
E così cominciai a chiedere di te, arrivai a lasciare nel locale ed altrove copie della tua foto, ovviamente dopo aver rimosso la parte oscena, a pubblicare su internet questa mia ricerca di quel sorriso, la ricerca della bellezza, non in senso puramente estetico ma in quel senso più alto che puoi comprendere solo quando ti ci trovi dinnanzi. E quando la trovi non puoi lasciarla sfuggire, non puoi che perpetrare la tua ricerca, vivere quel sogno. Non era amore, affetto, sentimento, non è mai stato nulla di questo, ma ricerca della bellezza, solo della bellezza.
La ricerca andò avanti per mesi, anni forse, non lo so, non ne ho più memoria ormai, vidi quel sorriso per pochi istanti talvolta sul volto di altre ma scompariva in un attimo perché non vero, perché non tuo.
È all’improvviso che oggi sei tornata come un fantasma del passato all’improvviso. Un trafiletto sul giornale che parla di te, c’è la tua foto, c’è finalmente il tuo nome, e c’è l’addio di chi ti ha amato.

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Ricordi di ricordi di ricordi di ricordi di ricordi di ricordi

di Stefano Giolo 24 Luglio 2010

Ci sono momenti che restano trasversali alla vita.

Incroci qualcosa, qualcuno, una persona, la incroci in un momento della tua vita, come un linea trasversale alla tua, come un vettore che si incrocia.

Cambia la tua vita? No, non è cambiato nulla, ma è cambiato tutto.
Non si torna indietro. Non si torna indietro a prima di questo incontro, ma non si torna indietro neppure al momento in cui è stato.
Non si torna mai indietro  e basta.

Eppure alcune parole, alcuni istanti, alcuni scambi fanno rivivere ancora, e ancora, e ancora i sogni le sensazioni i sentimenti i colori le luci gli odori di allora, la pista, il sole, la tangibile mancanza di un fuoco che sarebbe bello ci fosse stato, la comprensione profonda di sconosciuti, di vite parallele, una vita parallela alla mia accanto alla vita parallela di qualcun altro che viveva come me una vita parallela alla propria. Incroci di vite parallele e paradossi, scontri incontri, ed anime che si sfiorano, si girano attorno, si osservano come gatti a coda alta e poi d’un tratto torna la vita reale, quella che non è più, o quella che è ancora, quella che è sempre stata ma che non è più quel che era, un’orchidea.
Ma restano ancora
vite parallele che non si incontreranno
forse
all’infinito.

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Goccia

di Stefano Giolo 6 Giugno 2010

Una goccia che cade.
Liquido denso sulla superficie di un’altro.

Una goccia di miele in un bicchiere di bianco caldo latte.

Ed erano anni, forse millenni, ere che quella goccia dall’alto si formava,
lentamente.

Con.

I.

Suoi.

Tempi.

Lentamente.

E non c’è un perché, non c’è un quando, non c’è nulla da chiedere o chiedersi.

Lentamente.
A formarsi da un piccolo infinitesimo puntino a raccogliere sostanza,
raccogliere e ingrandirsi, prendere forma,
scolpirsi, modellarsi fino ad essere tonda, grande, forte,
fino a sentirsi pronta.

Per poi infine scendere.
Lanciarsi,
lasciarsi andare.

Giù.

Volare un istante,
o cadere con stile.

E giù
fino all’impatto, dolce, lieve ma deciso.
Sentirsi per qualche momento allargare sulla superficie mentre questa si sposta,
sentirsi per qualche istante espandersi e ritirarsi per mantenere la propria massa
la propria essenza,

e poi lentamente disfarsi, confondersi, scendere come in un piccolo flusso unendosi

facendo parte stessa del resto,

creando qualcosa che non è più l’uno o l’altro,
creando qualcosa.
Creando.

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Certe donne

di Stefano Giolo 24 Marzo 2010

Certe Donne
-Enrico Ruggeri-

Certe donne è meglio immaginarsele
che confrontarle con le contingenze.
Certe donne è meglio non conoscerle,
oppure assaporarne le partenze.
Non così tu, che non accampi mai pretese,
tu che quando dai non badi a spese,
tu, che riesci a ridere e aspettare,
tu, che riesci a farmi chiaccherare quando dovrei stare male.
Certe donne è meglio conquistarsele
per raccontare tutto ai propri amici,
o riuscire poi a liberarsene
fino a sradicarne le radici.
Non così tu che non ti metti a protestare,
tu che non sai “farti consolare”,
tu che ancora sai cos’è il perdono,
tu, che lo consideri un bel dono
da portare qui al tuo uomo.
E a te che non fai guerre qui in quest’epoca nervosa,
io voglio regalare questo ramo di mimosa.
Lascia che continuino a parlare,
questo mondo così uguale non meriterebbe te.
Non cambiar la regola, se regola già c’è.
Certe donne è meglio averle subito
e poi dimenticarle molto in fretta.
Con certe donne è meglio essere lucido
per non bruciare come sigaretta.
Ma non con te che non hai mai aperto il fuoco,
tu, che chiedi sempre molto poco,
Non con te, che non confondi nessun ruolo,
tu, che lasci che io prenda il volo
ma ci sei se resto solo.
E a te, che non fai guerre qui in quest’epoca feroce,
regalo una mimosa e canto con un po’ di voce.
Goditi l’invidia della gente
o le parole di un perdente che vorrebbe avere te.
Non si cambia regola, se regola già c’è

Certe donne è meglio immaginarseleche confrontarle con le contingenze.Certe donne è meglio non conoscerle,oppure assaporarne le partenze.
Non così tu, che non accampi mai pretese,tu che quando dai non badi a spese,tu, che riesci a ridere e aspettare,tu, che riesci a farmi chiaccherare quando dovrei stare male.
Certe donne è meglio conquistarseleper raccontare tutto ai propri amici,o riuscire poi a liberarsenefino a sradicarne le radici.
Non così tu che non ti metti a protestare,tu che non sai “farti consolare”,tu che ancora sai cos’è il perdono,tu, che lo consideri un bel donoda portare qui al tuo uomo.
E a te che non fai guerre qui in quest’epoca nervosa,io voglio regalare questo ramo di mimosa.Lascia che continuino a parlare,questo mondo così uguale non meriterebbe te.Non cambiar la regola, se regola già c’è.
Certe donne è meglio averle subitoe poi dimenticarle molto in fretta.Con certe donne è meglio essere lucidoper non bruciare come sigaretta.
Ma non con te che non hai mai aperto il fuoco,tu, che chiedi sempre molto poco,Non con te, che non confondi nessun ruolo,tu, che lasci che io prenda il voloma ci sei se resto solo.
E a te, che non fai guerre qui in quest’epoca feroce,regalo una mimosa e canto con un po’ di voce.Goditi l’invidia della genteo le parole di un perdente che vorrebbe avere te.Non si cambia regola, se regola già c’è

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Alda Merini

di Stefano Giolo 1 Novembre 2009

blank

“Non cercate di prendere i poeti perché vi scapperanno tra le dita”

“Amore mio | ho sognato di te come si sogna | della rosa e del vento. (Lirica antica)”

“Tutti gli innamorati sono in Cristo. ”

“Ascolta il passo breve delle cose.
− assai più breve delle tue finestre −
quel respiro che esce dal tuo sguardo
chiama un nome immediato: la tua donna.”

Ciao Alda.

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Muro

di Stefano Giolo 1 Novembre 2009

Eri tu quel muro.
Ed io ad avvicinarmici. Osservarlo.
Spostarmi a destra e a sinistra come per studiarlo.
Toccarlo lentamente con paura e ritirare la mano.
Allontanarmi di scatto.
Guardarlo ancora, a destra, a sinistra.
Sfiorarlo ancora e sfuggire.
E poi pian piano toccarlo nuovamente con più confidenza, pian piano.
Fino a posarci il palmo, abbracciarlo lentamente.
Allontanarmi senza più perderne il contatto, carezzarlo dolcemente
e poi ancora senza perderne il contatto sedermici accanto, mantenendo l’abbraccio,
posando su di lui il mio viso, addormentarmici a contatto.
Rimanere accanto a lui.
Eri tu quel muro.

E poi, prima di andarmene, un inchino per ringraziarti di tutto ciò che sei.

Di ciò che sarai.

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Immagini di te

di Stefano Giolo 16 Ottobre 2009

Immagini di te

Oggi ho ripensato alle immagini di te.
Ai tuoi sguardi,
le tue espressioni,
i tuoi movimenti che erano ormai diventati parte di me.

Avevano tramutato i miei.

Riguardo tutto questo
e mi accorgo
che sta scomparendo.

Stai scomparendo.

Sto scordandoci lontano,
tra i fantasmi del divenire.

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M' innamorerei…

di Stefano Giolo 11 Ottobre 2009

M’ innamorerei

Come una pistola carica.
Il dito sul grilletto.
Teso.
Basterebbe lo tendessi ancora un infinitesimo per colpirmi.
Basterebbe lasciarmi andare un’istante.

M’innamorerei,
basterebbe un tuo sorriso di troppo.

O una parola.

M’innamorerei.

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Il lago nel mare.

di Stefano Giolo 5 Ottobre 2009

Ci sono luoghi nel mondo, neanche troppo lontani da noi dove accadono piccolezze infinitesime che danno visioni, che cambiano la prospettiva di vedere, che rovesciano l’essere, per sempre o anche solo per qualche istante.
Un po’ torna alla mente il nostro vecchio naufragio di qualche anno fa mentre si naviga tutti al largo di Chioggia, il sole forte anche se non caldo, l’odore del sale, i delfini che saltano, e ancora le onde che scivolano sotto la chiglia.
Obiettivo il relitto dell’Eudokia II una nave cargo abbastanza grande da entrarvi, e visitarne le cabine, la sala macchine, osservare la crepa dello scontro con la nave che l’ha fatta affondare, casa di molteplicità di pesci e colori.
Ma non è l’Eudokia che più mi fa pensare ma l’aria.
Così vicino a noi, così facilmente riproducibile e al contempo così raro da vedere c’è un fenomeno che accade all’interno dei relitti, o nelle grotte sommerse, o volendo anche in una semplice scatola immersa nell’acqua.
Il lago nel mare.
L’inversione del mondo.
Guardare in altro e vedere sopra di te un lago in cui specchiarti creato dall’aria che stai emettendo dai polmoni, smettere di respirare e osservare un lago dall’alto. Dal basso.
E stai voltando a testa in giù, stai volando su un lago di cristallo in una struttura congelata nel tempo e attorno a te bolle d’acqua che scendono verso il lago lentamente ingrandendosi fino a confluirvi, fino a farne parte, alimentarlo, ingrandirlo, nutrirlo. E l’acqua è tramutata in aria e l’aria in acqua e il tempo è immobile nel silenzio nella consapevolezza che quel mondo è lì dove tu sai ma nessuno o pochissimi potranno vederlo come lo vedi tu, capirlo come lo capisci tu.
E poi allontanarsi volando e scendere, scendere fino al confine, un confine che una volta attraversato fa ruotare nuovamente il mondo e l’acqua si tramuta in aria e l’aria in acqua e la barca ha di nuovo i colori e i motori accessi e il tempo ricomincia a scorrere.

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Sguardo nello sguardo

di Stefano Giolo 25 Settembre 2009

25/09/2009
In tutto questo,
in fughe e ritorni,
in amori di pochi istanti,
in sogni
sei lontana e mi torni in mente.

Il tuo sguardo tatuato nel mio,
io guardo, osservo,
lentamente osservo il mondo

lo vedo attraverso il colore dei tuoi occhi
osservo il mondo come in trasparenza del tuo viso
ed in ogni microamore
in ogni microincontro rivedo ancora una volta lo stesso sguardo
lo sguardo del mondo
-del mio mondo-

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Incontri

di Stefano Giolo 25 Settembre 2009

23/09/2009
Oggi mi sono innamorato non so di chi…
c’erano tante persone,
tanti visi, sguardi, sorrisi.

Mi sono innamorato non so di chi,
ma se l’incontrassi di nuovo la riconoscerei tra mille.

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Osservarti

di Stefano Giolo 26 Agosto 2009

Osservarti
20/08/2009

È ad osservarti
ad osservare il tuo sguardo
ad osservare il tuo sorriso che acquisto consapevolezza

Come a sapere che a accanto staremmo bene
come a sapere che non staremo mai accanto
come a sapere che giochi
come a vedere che volente o nolente anche io sto giocando
come complicità bilaterale di chi sa di non voler nulla ma di poter molto.

E poi ti guardo mentre sorridi
scherzi
mi saluti con complicità e ridi.

E domani tutto è nulla.

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Mani, profumi

di Stefano Giolo 25 Agosto 2009

Nella folla oggi ho toccato mani,
tra queste la mano di una sconosciuta che mai rivedrò.

Nella folla oggi ho sfiorato mani,
tra queste il ricordo di una che mai più stringerò.

Nella folla oggi ho toccato mani,
una, una sola col tuo profumo.

Fluiscono i ricordi dalle mie dita,
entrano in testa,
ruotano,
volano,
legano.

Ed infine escono dalle mie labbra come sorriso.

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E Così hai scelto

di Stefano Giolo 24 Agosto 2009

E Così hai scelto
20/08/2009

E così hai scelto.
Così sei ciò che sei
sei ciò che vuoi
sei ciò che sogni.

E così hai scelto ciò che è giusto
ciò che sarà il tuo futuro

Così hai scelto.

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Ferita

di Stefano Giolo 24 Agosto 2009

Sanguina ancora la ferita fattami per evitare un tuo bacio,
era l’orgoglio a spingermi,
il senso di ciò che era il mio scopo.
Sanguina ancora la mia ferita nella carne
come ricordo indelebile dell’orgoglio
come ricordo di ciò che dovevo e non ciò che ero.
Sanguina ancora.

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Fine

di Stefano Giolo 23 Agosto 2009

Fine
20/08/2009

È sempre alla fine che scrivo,
all’inizio talvolta
ma quasi mai mentre vivo.

È sempre alla fine che scrivo,
ed è per questo che di te
-te che vorresti leggere-
non scrivo

Ed è per questo che alla fine scrivo sempre di te che non vorresti più leggere.

È sempre alla fine che scrivo,
quando non c’è più altro da fare.

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Osservare sguardi

di Stefano Giolo 22 Agosto 2009

Osservare sguardi
20/08/2009

Capita talvolta di sentir raccontare una storia commovente,
in mezzo a tanta gente.
Sentire raccontare una storia commovente, magari di incontri, di affetti fraterni riscoperti,
di vite difficili che incontrandosi cambiano il corso.
Più di una volta mi sono ritrovato a non seguire il racconto ma i vostri sguardi.
Restare a fissare gli sguardi attenti, osservare sorrisi e lacrime spuntare, guardare l’emozione formarsi lentamente, creare e maneggiare e scolpire e modificare espressioni di una profondità quasi innaturale.
Lasciarmi carezzare non dalle parole ma dalle anime che si rivelano, dalla sensibilità dall’essere vivo di chi mi circonda.

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Poesia

di Stefano Giolo 22 Agosto 2009

16/08/2009
C’è una strana cosa nell’essere riconosciuto come poeta: non sei costretto a mostrare di essere romantico, anzi talvolta puoi permetterti di non esserlo affatto.

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Pensiero

di Stefano Giolo 4 Agosto 2009

Pensiero
03-04/08/2009

Il pensiero di non pensarti mi porta a pensare ciò che non penserei:

C’è un pezzettino di me che è rimasto in te e quando ti penso canta
Ed io lo ascolto cantare.
E lui canta fiabe stupende.

C’è un pezzettino di me che è rimasto in te e quando vedo quei colori danza
Ed io lo guardo danzare.
E lui danza per te.

C’è un pezzettino di me che è rimasto in te e quando sento dei profumi canta
Ed io lo ascolto cantare.
E lui racconta di te.

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Bologna

di Stefano Giolo 2 Agosto 2009

Bologna
25/05/2004

È ancora fermo a quell’ora
l’orologio della stazione.
Quando la gente saliva sul proprio sogno,
per un viaggio che non era l’ultimo
ne il più bello forse,
ma era il loro,
la vita.
Persone immerse nella routine,
tristi,
felici,
amanti,
piccoli infanti.
Ed ora sono un ora,
una crepa in un muro
coperte da torri lontane
da persone non nostre che ci fanno pensare più che loro.

(Da “Contrapposizioni” – Stefano Giolo – Il Filo Edizioni)

ANTONELLA CECI anni 19
ANGELA MARINO ” 23
LEO LUCA MARINO ” 24
DOMENICA MARINO ” 26
ERRICA FRIGERIO IN DIOMEDE FRESA ” 57
VITO DIOMEDE FRESA ” 62
CESARE FRANCESCO DIOMEDE FRESA ” 14
ANNA MARIA BOSIO IN MAURI ” 28
CARLO MAURI ” 32
LUCA MAURI ” 6
ECKHARDT MADER ” 14
MARGRET ROHRS IN MADER ” 39
KAI MADER ” 8
SONIA BURRI ” 7
PATRIZIA MESSINEO ” 18
SILVANA SERRAVALLI IN BARBERA ” 34
MANUELA GALLON ” 11
NATALIA AGOSTINI IN GALLON ” 40
MARINA ANTONELLA TROLESE ” 16
ANNA MARIA SALVAGNINI IN TROLESE ” 51
ROBERTO DE MARCHI ” 21
ELISABETTA MANEA VED. DE MARCHI ” 60
ELEONORA GERACI IN VACCARO ” 46
VITTORIO VACCARO ” 24
VELIA CARLI IN LAURO ” 50
SALVATORE LAURO ” 57
PAOLO ZECCHI ” 23
VIVIANA BUGAMELLI IN ZECCHI ” 23
CATHERINE HELEN MITCHELL ” 22
JOHN ANDREW KOLPINSKI ” 22
ANGELA FRESU ” 3
MARIA FRESU ” 24
LOREDANA MOLINA IN SACRATI ” 44
ANGELICA TARSI ” 72
KATIA BERTASI ” 34
MIRELLA FORNASARI ” 36
EURIDIA BERGIANTI ” 49
NILLA NATALI ” 25
FRANCA DALL’OLIO ” 20
RITA VERDE ” 23
FLAVIA CASADEI ” 18
GIUSEPPE PATRUNO ” 18
ROSSELLA MARCEDDU ” 19
DAVIDE CAPRIOLI ” 20
VITO ALES ” 20
IWAO SEKIGUCHI ” 20
BRIGITTE DROUHARD ” 21
ROBERTO PROCELLI ” 21
MAURO ALGANON ” 22
MARIA ANGELA MARANGON ” 22
VERDIANA BIVONA ” 22
FRANCESCO GOMEZ MARTINEZ ” 23
MAURO DI VITTORIO ” 24
SERGIO SECCI ” 24
ROBERTO GAIOLA ” 25
ANGELO PRIORE ” 26
ONOFRIO ZAPPALA’ ” 27
PIO CARMINE REMOLLINO ” 31
GAETANO RODA ” 31
ANTONINO DI PAOLA ” 32
MIRCO CASTELLARO ” 33
NAZZARENO BASSO ” 33
VINCENZO PETTENI ” 34
SALVATORE SEMINARA ” 34
CARLA GOZZI ” 36
UMBERTO LUGLI ” 38
FAUSTO VENTURI ” 38
ARGEO BONORA ” 42
FRANCESCO BETTI ” 44
MARIO SICA ” 44
PIER FRANCESCO LAURENTI ” 44
PAOLINO BIANCHI ” 50
VINCENZINA SALA IN ZANETTI ” 50
BERTA EBNER ” 50
VINCENZO LANCONELLI ” 51
LINA FERRETTI IN MANNOCCI ” 53
ROMEO RUOZI ” 54
AMORVENO MARZAGALLI ” 54
ANTONIO FRANCESCO LASCALA ” 56
ROSINA BARBARO IN MONTANI ” 58
IRENE BRETON IN BOUDOUBAN ” 61
PIETRO GALASSI ” 66
LIDIA OLLA IN CARDILLO ” 67
MARIA IDRIA AVATI ” 80
ANTONIO MONTANARI ” 86

Non sapevo se inserire questa poesia come sezione “Poesia” o “Polemipolitica”, ho scelto la seconda, e poi chi ha orecchi da intendere intenda, nel 2004 quando è stata scritta il ricordo della critica che contiene era più vivo di oggi, oggi resta soprattutto il resto, il ricordo delle persone, delle vite, di quelle persone, di quei ragazzi, di quei bambini.

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Note

di Stefano Giolo 31 Luglio 2009

Note
lente

un pianoforte

note
conosciute nel tempo navigano come onde
crescenti e calanti

Note
ed una Luna non del tutto piena osserva quanto accade
osserva due anime danzanti
osserva intrecci come fuochi fatui
osserva quel che non sarà raccontato
osserva quel che non sarà alla luce del giorno
osserva quel che non sarà

Note
Notte
Silenzi

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Frange di ricordi

di Stefano Giolo 30 Luglio 2009

Frange di Ricordi
30/07/2009

Malinconia del ricordo di canti
De Andrè, Battiato, un pizzico di Tozzi, i Modena
ma non importa neppure che cosa

il ricordo di sorrisi

impugno la mia penna come fosse ancora lei,
come ci fosse ancora lei
e scrivo

“io mi dico è stato meglio lasciarci
che non esserci mai incontrati”

pensando alla sua voce,
alla mia penna
alle parole

e ruoto come il seme degli aceri
ruoto nel vento

verso

lentamente

un fiore lontano
verso

lentamente

un porto

porto rosso in un bicchiere bombato

e quel mondo come in una bolla che se la giri scende la neve
quel mondo resterà conservato nel tempo
nell’anima come scritto un po’ indeciso, insicuro
come con un pennino lento e riflessivo
indelebile
forte

quel mondo comunque
per sempre come volando
sfiorando
carezzando la mia testa ogni giorno

le frange di quel ricordo resteranno
-comunque sia-
dove stanno

i miei sogni di un nuovo mondo
-comunque sia-
voleranno ancora verso quel mare.

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静寂

di Stefano Giolo 25 Luglio 2009

Ci sono sere, notti, lunghe ore in cui qualcosa nell’aria appare diverso, qualcosa nell’aria scivola al di sotto della pelle, lentamente.
Guardi il cielo e taci.
Lasci che questa notte, questa luce, il silenzio ti attraversino e stai lì come un lenzuolo attraversato dalla brezza della primavera, stai lì come i petali di un’orchidea che respirano il sole.
Stai lì e lasci che il mondo vada avanti da solo.

Foto di Sofia Bollo Sufei
Foto di Sofia Bollo Sufei

foto di Sofia Bollo Sufei

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Casa

di Stefano Giolo 19 Luglio 2009

Sono a casa,
si, a casa.
Un divano, una tv, un computer, il mio bagno.
Allungo una mano ed ho tutto.
Allungo la mano e non ho niente.

Niente.

Accendo questa TV e vomito lo schifo che c’è dentro,
guardo le notizie sui giornali,
guardo il mondo sorridente che si crea sofferenze con le telenovela e il gossip.

Osservo.

Osservo ma non ne sono partecipe.
Osservo ma penso ai giorni passati.

Penso a persone senza TV, senza un divano, senza una casa
penso a persone che per lavarsi devono fare cento metri dalla “propria” tenda
penso ai sorrisi, agli abbracci.

Non ci sto,
non ci sto,
non credo sia questo il mondo reale
non credo sia questo il mio mondo.

Non credo sia questa la verità.

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05/06/09

di Stefano Giolo 6 Giugno 2009

05/06/09
A te

Strano rivedere il tuo volto
dopo tanto
dopo anni
dopo chissà quante cose.

rivederlo qui a terra.
Immobile.

Il tuo sorriso semplice che non racconta chi sei:
hai imparato a fingere.
Il tuo sguardo così disarmante come di bimba.
Eppure dietro c’era altro
molto altro.
Troppo altro.

Rivederti qui a terra accanto a me che ti osservo da lontano
cosa cercavi dalla tua finestra?
Cosa cercavi quando hai deciso di scendere?
Di andare.

Ricordo quando da piccola ti schernivano
per il tuo nome Carlotta
e per le orecchie
e a me dava fastidio, eri così bella.
Ricordo il tuo sorriso che non era quello di questi anni
ricordo poi il silenzio.

Ed ora ti guardo qui
a terra dove tu non sei più e mi chiedo cos’hai cercato
mi chiedo se l’hai trovato
mi chiedo quali fossero i tuoi sogni irraggiungibili

e mi guardo attorno.
Tutto così indefinito e definitivo.
Tutto finalmente così eterno da lasciare senza respiro.
Tutto semplicemente così.
Per sempre così.

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Fu allora.

di Stefano Giolo 29 Maggio 2009

Fu allora
27/05/09

Fu nel momento stesso in cui la vidi che accadde
o forse quello fu il momenti in cui mi accorsi che era accaduto.

Fu il punto di non ritorno,
la fine
l’inizio.

Fu quello l’istante e dove come chi quando non importa.
Fu quello l’istante.
Fu quello l’istante

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Tempesta

di Stefano Giolo 18 Maggio 2009

La mia mente è schiacciata,
il cervello in una morsa,
una tempesta di sentimenti,
ricordi,
speranze,
freni.

La mia mente vola
con pesi alle ali vola
vola lontano
vola a folle velocità
vola frenata dai tuoi sogni che sono felice tu abbia
la mia mente corre,
fugge,
rincorre
ed ancora come un cane impazzito cambia direzione
corre come nella neve,
e vola
vola nel cielo

La mia mente come vento
come nubi
come pioggia
come ricordi che saltano da un ramo all’altro
rimbalzano tra i fiori
tra i sentimenti
i ricordi
le aspettative
e i freni
e i silenzi musicati.

La mia mente vola.
La mia mente penetra.
La mia mente viola.
La mia mente.
La mia mente sfiora.

La mia mente viola, rossa, arancio, arcobaleno multicolore irridescente cambia da dove l’osservi.

Mente e non l’ascolterò.

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Di spalle alla luce in fronte.

di Stefano Giolo 18 Maggio 2009

Io non lo so il perché ho detto Addio,
non lo so perché ho voltato le spalle ad una luce nel buio,
non so cosa avessi dentro ma so che c’è ancora,
so che se tornassi indietro lo rifarei ancora
per tutto ciò che è stato
breve o lungo che sia lo rivivrei come è stato
gli stessi errori,
gli stessi sorrisi,
gli stessi istanti.

Le tue lacrime in camera e la Luna piena di sfondo a entrare dalla finestra aperta
era estate
ed io ad ascoltarti, capirti, stringerti al cuore
ed infine d’un tratto baciarti in quel momento esatto:
l’unica cosa giusta da farsi.
L’unica cosa che avesse senso in quell’istante tra le stelle.

E le notti sotto le stelle mentre tu ti avvicinavi al mio volto
ed io a fuggire le tue labbra
non volevo accettare il tuo amore
io a non cedere
io a fermare con stupide battute gli istanti
io a e cedere infine crollando sotto un tuo sguardo che mi osservava dal basso
come da un albero piantato sul tetto del mondo da cui ridere della vita
cedere ancora e ancora su di un prato,
accanto ad un castello.

E i colori azzurri che ancora porto talvolta al collo dopo anni
in inverno
Venezia
e le grigliate e l’arte delicata del movimento delle tue mani
e la tua ubriachezza da sonno
le tue paure
i miei tentativi di scalfirle

E quel bacio rubato clandestino lento lungo in una notte di fuga
la presa della Bastiglia.
Fu quanto bastò a creare un mondo segreto.

ed ancora camminare sulla via dei castelli
sotto la pioggia stretti
dall’alto della torre un bacio ed un altro ancora
e Roma,
e tante notti
e tanti giorni nel male e nel bene
nel male e nel bene,
e la mia musica, il suono del mio sax per te nella luce verde di lampadari da biliardo.

Il pane comprato appena cotto la mattina dopo una notte svegli per la città
e le colline dell’Umbria
e Verona
e ore passate assieme nel verde
e il cibo buono e il vino e le notti.
Le lunghe notti.
Le lunghe notti.

Ed ancora la tua musica mai sentita,
il suono del suo pianoforte
le ore al parco e pochi baci rubati
e il male che ti ho fatto quel giorno, di questo mi pento, si.

Ed ancora le notti di quel campo estivo
sogno clandestino davanti al fuoco
palese e clandestino
nascosto e vissuto mai a pieno eppure così pieno da essere stato pienezza pura
e vuoto e musica
e silenzi
e l’intesa, e la poesia insita nel nostro stesso esistere, nel nostro essere ciò che siamo
e tutto ciò che ha seguito quelle notti, nel bene e nel male.
Nel bene e nel male.

E le mie insicurezze
e i miei freni
e il desiderio di farti visitare luoghi come non hai mai vissuto
e il desidero di portarti lontano
di affrontare ogni sfida accanto, mano nella mano
e il desiderio e non più il sogno.

Ne sai la differenza?
Sai la differenza tra un desiderio ed un sogno?

Ed ancora,
ed ancora cercandoti in mille luoghi in mille mondi, in mille vite, anime, sguardi
ancora proseguo crescendo, crescendo, crescendo.
Crescendo.

Torneremo un giorno dove ci siamo persi.
E non vivrei più di nuovo ciò che ho vissuto perché la vita cambia
perché la vita cambia.

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Desiderio

di Stefano Giolo 15 Maggio 2009

Desiderio
(14/05/09)

È desiderio d’affetto
è desiderio di Nuovo

forte

urlo silente
misto d’urlo di battaglia e di sospiro

Squarcio dirompente di pace la confusione della vita.

È desiderio incompiuto da compiere
è desiderio il profumo nell’aria e non sogno.
Cambia il mondo.

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Petali.

di Stefano Giolo 14 Maggio 2009

Petali
(13/05/09)

Petali profumati portati dal vento si posano sulla liscia pietra del quando.

Il perché vaga ancora,
tra i meandri di questa palude.

Chissà nascosto dietro un verbo verde osserva

E resta un dunque a proseguire.
Il dunque sta andando avanti.

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Mi voltai.

di Stefano Giolo 13 Maggio 2009

Mi voltai
(12/05/09)

Mi voltai.
Non potevo sopportare di vedere il vento torturare e portar via i miei sogni.

Mi voltai come per fuggire l’inevitabile, il destino.

Mi voltai e mi tappai le orecchie per non sentire le urla.

Passò del tempo.

Poi mi rigirai a guardare.
Non era cambiato nulla.
Il vento imperava e con lui la pioggia.

Mi avvicinai
lo strappai con le mie mani
lasciai che lo portasse via.
Il vento.

Non potevo sopportare fosse lui a strappar via i miei sogni.

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Frutto

di Stefano Giolo 12 Maggio 2009

Frutto
(11/05/09)

Entra la brezza dalla finestra di camera mia,
brezza primaverile che scivola sulla mia pelle
sui miei pensieri
sulle mie ferite

Ed io resto qui nel silenzio
avvolto
nel suono di una chitarra classica e di un flauto
alla luce di una candela che danza.

Resto qui.

Resto a chiedermi cosa sia giusto e cosa no
a chiedermi che cosa ci sia dentro me.

Come un frutto,
come una pesca da aprire
con uno schiocco vorrei sapere cosa c’è nel nocciolo.
Dentro me
dentro me.
Nel profondo sotto la dolcezza
nel profondo sotto l’essenza stessa.

Per scoprirlo, per raggiungere il nocciolo
per raggiungere il dentro però vorrei vivere
vivere tutto ciò che c’è attorno

e non importa cosa troverò

non importa cosa c’è dentro perché avrò vissuto il gusto
avrò vissuto profumi inebrianti
avrò vissuto i colori

avrò vissuto.

Entra la brezza dalla finestra della mia camera,
brezza primaverile che mi carezza la pelle
i pensieri
le ferite

Ed resto qui nel silenzio
avvolto
nel suono di chitarra classica e di flauto
nella luce di una candela danzante.

Fiore
(30/04/09)

Ti osservo
da lontano,

per quel che posso ti osservo fiore

fiore forte
aggrappato al terreno nella tempesta di questi giorni

aggrappato

i petali si piegano al vento
segnati
feriti

i petali ricchi dei tuoi colori
il tuo profumo

il tuo profumo

il tuo profumo si spande e si mescola a quello della terra bagnata e ti osservo

non ti arrendi
lotti
forte

ma ti vorresti appoggiare
riposare
lasciare che sia il sole a scaldarti

darti vita

illuminarti

ti osservo fiore sporco di terra a lottare
ti osservo incantato

non ti si può mettere in una teca di cristallo
morresti
non ti si può proteggere in alcun modo
ma ti osservo e prego perché torni il sole
perché questa tempesta divenga rugiada

perché i tuoi colori possano tornare a splendere
e il tuo profumo spandersi nell’aria.

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Fiore

di Stefano Giolo 11 Maggio 2009

Fiore
(30/04/09)

Ti osservo
da lontano,

per quel che posso ti osservo fiore

fiore forte
aggrappato al terreno nella tempesta di questi giorni

aggrappato

i petali si piegano al vento
segnati
feriti

i petali ricchi dei tuoi colori
il tuo profumo

il tuo profumo

il tuo profumo si spande e si mescola a quello della terra bagnata e ti osservo

non ti arrendi
lotti
forte

ma ti vorresti appoggiare
riposare
lasciare che sia il sole a scaldarti

darti vita

illuminarti

ti osservo fiore sporco di terra a lottare
ti osservo incantato

non ti si può mettere in una teca di cristallo
morresti
non ti si può proteggere in alcun modo
ma ti osservo e prego perché torni il sole
perché questa tempesta divenga rugiada

perché i tuoi colori possano tornare a splendere
e il tuo profumo spandersi nell’aria.

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Sguardo

di Stefano Giolo 16 Aprile 2009

è stato il suo sguardo a cambiare la mia visione del mondo, è stato un istante solo a cambiarmi la vita, è stato solo quel momento che ha racchiuso tutto quello che c’è stato dopo, ne i suoi sguardi precedenti, ne quelli successivi, ma uno sguardo solo. Indelebile come un tatuaggio.
Indelebile. Poi sono nato e da allora sono passati secoli, o millenni, sono passate vite, sogni, destini, morti, sono passate anime.

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Luce Chiara

di Stefano Giolo 15 Febbraio 2009

Luce Chiara
15/02/2009

Osservo il tuo sguardo
lucido di lacrime
gioia
comprensione
sogni
osservo il tuo sguardo che osserva a sua volta
dentro te
come fosse dentro me osservarti

E poi…
e poi d’un tratto dal banale si entra in qualcosa che è nubi
ed è cielo ed è montagna e i fiori che la popolano
e luci
e colori
e neve
e prati
e tutto
e tutto ciò che è contraddizione stessa del tutto
tutto e ciò che ancora si scontra con l’esistenza
e ciò che non esiste si trova ad essere tutto ciò che è e che ha senso
tutto ciò che credevo realtà si capovolge
tutto ciò che un giorno prima era il mio essere diviene il non essere, il perdere me stesso
tutto ciò che era il mio fuggire diviene il mio divenire
d’un tratto il cielo diventa mare e il mare cielo,
la terra innevata diviene nube bianca, le rosse nubi fiori, i fiori stelle
ed io a testa in giù cammino sulle mani e rido,
rido ancora un po’ prima di saltare verso un cielo di nubi sparse,
prima di saltare tra fiori e stelle
e foglie e lucciole che erano prima stelle
e farfalle che eran prima foglie
e immagini di quadri che ora sono realtà e luoghi divenuti immagini
e sogni.
Rido ancora un po’ prima di saltare e nuovamente vivere
quel che non è sogno, non è realtà, ne immaginazione ne sentimento.
Rido un po’ e poi vivo.
Quel che è certo qui, è che vivo.

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Edgar Poe

di Stefano Giolo 19 Gennaio 2009

“Mi hanno chiamato folle; ma non e’ ancora chiaro se la follia sia o meno il grado più elevato dell’intelletto, se la maggior parte di ciò che è glorioso, se tutto ciò che è profondo non nasca da una malattia della mente, da stati di esaltazione della mente a spese dell’intelletto in generale”.

Edgar Poe
Edgar Poe

Ricorre oggi, 19 Gennaio 2009 Il duecentenario della nascita di Edgar Poe.
Sono molto legato a lui come scrittore di poesia.
Di lui ancora molto di quanto si studia della sua vita è incerto, sbagliato o impreciso, di lui per molto ancora si parlerà e si scriverà. Precursore di molti venuti dopo, genio incompreso all’epoca, abbandonato e solo.

Edgar Poe, non Edgar Allan Poe. Lui avrebbe voluto essere ricordato con questo nome.

A..

Non m’importa che la mia terrena sorte
ben poco abbia di terreno in sè –
che anni d’amore così siano cancellati
nell’astio di un momento: –
a me non duole, o cara, che altri infelici,
di me siano più felici,
ma che tu abbia a soffrire per il mio destino,
che è solo quello d’un fuggitivo.

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Io sono.

di Stefano Giolo 17 Gennaio 2009

Sono un illuso
-un illusore?-
Sono un sogno
-un sognatore?-
Un misto d’amore
-o di indifferenza-
e speranza
-o cinismo?
Sono tutto questo e nulla?
Chi o cosa sono?

Io lo so
-lo sai, lo sei-
Lo so chi sono
migliore di un tempo passato
-e inconsapevole-
peggiore di un tempo futuro
-e consapevole-
io sono e attendo
io suono e attendo

Io darò quel che posso,
sarò quel che posso.

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Inizi

di Stefano Giolo 26 Novembre 2008

Un fuoco.
Iniziò tutto lì?
Un fuoco?
O forse prima, si
tra le costruzioni,
rialzate, tende, tavoli.
Corde e legno,
legature e sostegni.

Pochi sguardi.

Intesa.

Non servì molto altro che due parole, una battuta
uno sguardo, sfuggente
uno sguardo di simpatia
uno sguardo di interesse
uno sguardo di intesa
uno sguardo di complicità
e tutto divenne clandestino.

Ricordi confusi nel tempo,
istanti confusi come vecchi disegni in grafite sporcati, sbavati, strisciati.

Li guardo ancora ed ancora

una parte è viva,
intonsa come appena disegnata,
scolpita:
il tuo sguardo, il tuo sorriso.
Lì.
Immobili come allora.
E da quell’immagine si diramano ancora altre immagini,
torna il fuoco, il cerchio, la complicità, l’intesa,
l’interesse, la simpatia, lo sguardo sfuggente a rincorrersi per istanti qua e là.

Tu sai, io so, io so, tu sai,
e nessun’altro ancora
nessuno.

Sono passati anni ed anni sono tornati
l’emozione intonsa come i tratti d’un disegno appena fatto,
l’emozione e la poesia, pienezza disarmante.
Lo sapevi sarei tornato prima o poi,
lo sapevo.
Nel frattempo rincorsi il tuo sogno in altri sguardi, in altri volti.

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Un'Angelo

di Stefano Giolo 15 Novembre 2008

Un’angelo.

Un istante
un minuto
un istante
un ora
non so,
il tempo d’osservarne il tuo volto

i capelli
-rossi
lunghi
mossi-
lunghi fin sulla schiena stendersi.

Un istante
o non so,
forse una vita.

Guardo me,
guardo dentro brutture nel cuore,
oscurità.

La osservo angelo di certo.

Guardo me,
guardo dentro e colori, e nulla,
e luce.

E poi scompare.
Per sempre?

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Nebbia….

di Stefano Giolo 10 Novembre 2008

Cammino.
Nella nebbia fitta di una mattina autunnale
vorrei scrivere.
Prosa o poesia non importa
vorrei scrivere e non importa neppure cosa.

Dopo una notte insonne vago ancora nelle vie della zona industriale
a piedi
a piedi perché non ho un auto
a piedi perchè è più Vero
più vivo respirare la nebbia così e lentamente muoversi,

lentamente

pensare
lentamente
essere
vivere

E che importa essere in piedi da più di ventiquattro ore?
E la fame, e la stanchezza che importano?

C’è il tempo
mentre gli altri freneticamente iniziano la giornata,
c’è il tempo,

la consapevolezza dello scorrere lento,
c’è il tempo che rallenta

quando

lo

desidero

quanto

lo

desidero

ed è mio,
nelle mie mani c’è il tempo.

E così non serve voler essere, voler vivere, voler scrivere,
basta essere

vivere

scrivere.

Semplicemente.
Molto semplicemente.

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Il tempo…. il tempo.

di Stefano Giolo 8 Novembre 2008

Correvo, correvo.
Lavoro, sala prove, altra sala prove, da una parte all’altra della provincia, correvo senza pausa senza tempo con l’animo infervorato dei sogni che rincorro che vivo che creo tra le mani correvo veloce e d’un tratto quasi sulla rampa per entrare in tangenziale vidi un uomo

distinto
anziano ormai

d’istinto mi si fermò il cuore

lentamente

lentamente spingeva una bici.
La sua vecchia bici nera
d’una fattura che non poteva che essere di cinquant’anni fa.

Attorno campi,
campagna
e una strada veloce,
una strada che furtivamente si è inserita in quell’ambiente ancora così agricolo,
naturale.

E penso a come per me cambino i tempi, a come sia veloce ogni cosa, ogni comunicazione ogni rapporto, ogni inizio, ogni fine, veloce, veloce, ininterrotto, interrotto ma in fretta per riprendere qualcosa successivo, di corsa, e cambiare gli abiti, le auto, e cambiare i telefoni, e cambia la tecnologia e la comunicazione e cambia ancora il mondo, si trasforma, l’economia e…

e quell’uomo,
lentamente,
spinge una bicicletta ormai vecchia,
ormai antica.

Come un’immagine che si sgretola nel tempo,
come superata

bucata come da un aereo che buca il muro del suono bucata dalla mia presenza dalla mia fretta dai miei sogni che rincorro i miei obiettivi dal lavoro la musica il mio lottare per ciò che credo il non lasciare le cose il mondo mi porti via da me stesso il non lasciare che

quell’uomo mi entri dentro,
lentamente,
con la sua bicicletta antica,
ormai ricordo

di un tempo andato

ormai ricordo
di quel che era

il mondo

ormai…

e mi fermo
scendo dall’auto nel buio

mi fermo

mi sdraio sull’erba e rido
rido di me

rido

e quell’uomo mi guarda

si avvicina

fa una breve, secca risata
secca e bonaria

mi porge la sua bicicletta

“non mi serve più ragazzo,
ora è tua”
e se ne va.

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Cammino, tra i colli veronesi

di Stefano Giolo 4 Novembre 2008

Cammino, tra i colli veronesi,
odore di pioggia, vento.
Il tuo profumo mi ruota attorno come una nube,
entra lentamente,
entra con dolcezza dentro me con l’odore della pioggia,
l’erba tagliata da poco,
l’aria pulita.

Cammino, tra i colli veronesi,
ti penso,
e il tuo profumo mi ruota attorno come il vento,
entra dentro,
entra con i suoni del cielo
entra con le nubi impetuose
entra.

Cammino, tra i colli veronesi,
e improvvisamente sto prendendo il volo
tra il vento e la pioggia,
volo, come in una nube che mi ha pervaso,
volo lontano.

Cammino tra i colli veronesi ma non sono più qui,
sono già lontano,
sono altrove,
sono lì.

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Sonnet – To Science

di Stefano Giolo 17 Ottobre 2008

Sonnet – To Science

Science! true daughter of Old Time thou art!
Who alterest all things with thy peering eyes.
Why preyest thou thus upon the poet’s heart,
Vulture, whose wings are dull realities?
How should he love thee? or deem thee wise?
Who wouldst not leave him in his wandering
To seek for treasure in the jeweled skies,
Albeit he soared with an undaunted wing?
Hast thou not dragged Diana from her car?
And driven the Hamadryad from the wood
To seek a shelter in some happier star?
Has thou not torn the Naiad from her flood,
The Elfin from the green grass, and from me
The summer dream beneath the tamarind tree?

-Edgar Poe-

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Ka, Ka -Tet, Khef

di Stefano Giolo 16 Ottobre 2008

Sento suoni talvolta come di ingranaggi rotti a scontrarsi nella mia testa, rumori, confusione, metalli a sbattersi, sento suoni di qualcosa che appare rotto.
Solo col tempo poi, concentrandomi, mi accorgo delle campane, dei suoni lievi, del metallo che è di battacchi che impattano.
Sono sottilità a muoversi dentro me, fuori.
La contezza.
La via.

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Rosa di Gerico

di Stefano Giolo 26 Settembre 2008

Dammi solo una goccia di te e come a una rosa di gerico tornerò a fiorire come la prima volta.

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Complicità

di Stefano Giolo 2 Settembre 2008

Complicità…
ho da poco acquistato il nuovo CD Live dei Bluvertigo , preludio al loro ritorno sulle scene spero con un album all’altezza di precedenti.
Beh credo che il loro brano a cui sono più legato sia complicità.

Ricordo ancora quando Lei ed io ci allontanammo, un giorno freddo di anni fa, in luogo che era così Nostro, così intimo, così privato e che oramai non è più tale, sporco dall’inciviltà di studenti e pazienti e barboni.
Addio.
Addio per sempre nel gelido freddo, gelido il tempo, gelido io, gelida lei che passeggiava raccogliendo un fiore, guardandosi intorno, parlando lentamente mentre ascoltavo. Il mio finale “Addio”.
Allontanarsi, salire in macchina ed andare. Andare dove, poi?
Andare perché?
Andare.
Lontano, non importa.
E poi un richiamo, come un sussurro nel vento.
Dove sei? Dove sei?
E scendere dalla macchina quando ormai ero lontano da quel luogo, e camminare verso qualcosa che credevo di sapere, o speravo o mi illudevo o… era lì.
E un bacio lento, lieve, lungo.
Il primo. Il primo di tanti.
E salire ancora su quell’auto, e lo stereo che canta “Complicità” dei Bluvertigo.
“Ma… sei diventato romantico? Ascolti anche questa musica?”
“No, lo sono sempre stato, vedrai”
E così iniziò un qualcosa di indefinitamente lungo che ancora vive e trascina seppur non più nell’amore, che vive e cammina vicino, distante.
Cammina.
Ci ha dato tanto, ci da tanto, che che ne dica il mondo.

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Porto rosso…

di Stefano Giolo 18 Agosto 2008

Ci pensi mai al mio vestito elegante artistico trasandato?
Ci pensi mai alla notte trascorsa tra le vie di Verona?
Io penso alle tue scarpe che ti ferivano i piedi, alla tua gonna bianca.
Ci pensi mai al parlar di Jazz con un viandante, al passeggiare con te sulle spalle?
Ci pensi mai al bicchiere di Porto Rosso?
Alla complicità di quel giorno?
Di quei giorni?
Passa ogni tanto, attraversa la mia mente, scorre dolce, lieve, scorre.
Se ne va.
Ma se penso a quel che era, quello è il giorno più bello.
Era tutto già morto, tra il bello del passato e il brutto del tempo successivo.
Era il limite massimo.
Apice.
Pienezza.
E pensarci è dolce malinconia ma non tristezza.
Un ricordo che come una goccia cade e rinfresca.
Da allora è cambiato tutto eppure… eppure tu sei lì.
Sei qui.
Lotterò ancora sai?
Si.
Farò come tu mi dici e dicevi, farò così.
Perché non è vero che non ho forza, e non è vero che non so lottare per ciò in cui credo.
Farò così.
Mostrerò chi sono perché nulla può abbattermi, se non è riuscito quel tempo

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Notte…

di Stefano Giolo 8 Agosto 2008

Il lago.
La notte.
Il lago nel buio la notte, tra le stelle e le luci della costa lontana,
e scivolare sulla superficie liscia, scivolare come senza attrito.
Non un sentore di umidità sulla pelle scoperta, non un soffio di vento in più ne in meno.
Scivolare nel buio della notte tra le luci tra il cielo e l’acqua, tra il silenzio e il sciacquio delle onde.
Non un filo di umidità sulla pelle scoperta.
Fermarsi. Al centro.
Nel silenzio.
Cullati dal dondolio dolce e lieve del lago.
Sia quel che sia nel mondo, sia quel che sia sulle coste ed oltre, sia quel che sia nella mia vita reale.
Ora sono qui e questo mondo è mio, questo spazio seppur piccolo è mio, nostro.
E non può essere invaso.
Il lago.
La notte.

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Fuoco dentro. Fuoco.

di Stefano Giolo 6 Agosto 2008

Passarti accanto… pochi istanti fa.
Passarti di fronte e farti un cenno (tremando) di saluto.
Passarti accanto come uno sconosciuto e pensare alle parole che ti ho scritto, che ti scrivo in questi giorni (cose mie, tue, noi) e che probabilmente mai leggerai.
Passarti accanto come senza esistere.
Ignorato.
Passarti accanto mi infiamma il cuore mentre osservo il tuo volto teso a guardarti attorno e a non vedere, non vedermi.
Non sentirmi.
Brucia -nel silenzio del nostro silenzio- la mia anima.
Brucia perché io ti sentivo, sapevo eri lì, sapevo dove passare, sapevo l’istante.
Deviazione improvvisa per farlo, per seguire il fuoco che sentivo dentro.
Brucia passarti accanto, guardarti, sognare di avere il coraggio d’abbracciarti.
Brucia il desiderio di dirti mille cose non dette e di sentir le tue.
Brucia.
Passarti accanto, pochi istanti fa per un istante breve.
Brucia.
Ed il cielo intanto si muove e minaccia pioggia.
Piova, piova oggi e lavi via i sogni, piova oggi sulla mia anima, e piova anche domani per darti il respiro e nutrirti mio fiore, per darti il tempo di vivere sulla tua terra così lontana.

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Mondi, bolle, sogni realtà

di Stefano Giolo 26 Maggio 2008

Essere qui nel tuo mondo, condividere istanti di vita quotidiana, essere qui in questa bolla lontano dal mondo, lontano dalla mia vita eppure così vicino a me, dentro me.
Profondamente in me.
Essere qui a scivolar tra le lacrime di gioia per un tuo abbraccio al mattino e quelle tristi della consapevolezza di come tutta questa bolla stia per essere trascinata via lontano, lontano, lontano, lontano.
Ma quanto lontano?
Non lo so . Ho la consapevolezza che ancora non scoppierà, che ancora questa bolla non potrà andarsene per sempre. Ma potrà mai tornare? Potrà mai essere il mio mondo reale?
Già lo è.. già lo è il mio mondo reale ma io vivo altrove.
Sorrido, sorrido tanto nel mio mondo e rido e vivo, soprattutto vivo. Con pienezza, con emozione, con intensità più grandi di qualsiasi esperienza “moderna” possa dare senza il bisogno assurdo di rincorrere emozioni “forti” per riempire i vuoti dell’essere.
E questa sera sarò ancora là nel mio mondo irreale in attesa che torni, che sia di nuovo dolce come ora il mondo, che non serva di nuovo più rincorrere emozioni finte, che la mia anima si senta accompagnata dall’abbraccio accogliente del tuo abbraccio. Sarò lì finché forse col tempo, piano piano, piano piano, col tempo, piano piano, forse, piano piano col tempo, piano piano, piano piano forse col tempo, piano piano, piano piano col tempo forse, piano piano, qualcosa cambierà. Ma cosa?

Dio mi conceda la serenità di accettare le cose che non posso cambiare, il coraggio di cambiare quelle che posso cambiare e la saggezza di distinguere tra le une e le altre.
-Kurt Vonnegut-

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Cane

di Stefano Giolo 7 Maggio 2008

Come un cane impazzito dietro a sbarre
come un cane impazzito a sbattere contro sbarre
come un cane pazzo sbatto contro sbarre di ferro
Sono io.
E sono cane e sono sbarre
e desiderio e razionalità.
Come un cane che sbatte impazzito contro sbarre,
come sbarre su cui sbatte un animale incattivito, pazzo.
Come sbarre la razionalità.
L’etica.
La sopravvivenza.
Come un cane impazzito i miei sogni, i miei desideri sbattono contro sbarre
come un cane impazzito contro la mia mente razionale sbattono.
Come un cane impazzito.
Come sbarre.
Sto qui.
Tra me e me.
Tra ferro e carne.
Sto qui.
Tranquillo.
Come un cane impazzito a sbattere contro sbarre.

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Lunedì notte

di Stefano Giolo 23 Aprile 2008

Lunedì mattina mentre tornavo da lavoro (alle sette e mezzo del mattino) ho scritto queste parole… poi me ne sono scordato e le ho ritrovate ora.

“Fiori viola un cancello ed un viale alberato.
Casa.
Mi manca quel luogo.
Fiori viola, campanule, e campanelli e tintinnii e suoni brillanti e il caldo di una tisana.
Mi mancano.
Ma qualcosa lontano deve ancora venire,
verrà presto.
O tardi.”

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Paradosso

di Stefano Giolo 14 Marzo 2008

Paradosso.
Tu che mi hai ferito più d’ogni altra cosa in vita.
Tu che hai distrutto i miei castelli a colpi di mortaio,
che mi hai massacrato col tuo affetto senza pietà.

Tu paradosso.

Sei tu ora che curi le mie ferite,
accarezzi le mie pene.

Sei tu che senza darmi forza mi dici di rialzarmi
ed io ti ringrazio.

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Incontro inaspettato

di Stefano Giolo 11 Marzo 2008

Inaspettato incontro
inaspettato atteso incontro
strano
ed essere come ero anni fa
essere come non ero
essere come fosse sempre stato
essere come?
Non so.
Annuso il il tuo profumo sulla mia mano.
Pongo.
Odore di pongo?
E porto rosso.
Come mi pongo?
Non importa.
Dolce parentesi.
(aperta?

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Parentesi

di Stefano Giolo 10 Marzo 2008

Vorrei riuscire a far si che tu fossi solo un ricordo,
come lo sono io per te.
Vorrei far si che tutto quel che provo sia solo un dolce quadro stupendo di colori a pastello
come lo è per te.
(parentesi statica di cangianti colori,
nella tranquillità dell’acqua che assorbe le sensazioni,
sana ferite e lava.
Parentesi statica di sogno lontano da ogni realtà.
Mondo a parte.
Parentesi statica internamente ricca di dinamicità.
Parentesi dolce di sogni illusioni sorrisi e mille suoni.
Parentesi tuttavia)
Ma dovrei diventarmi un ricordo,
dovrei sparire a me stesso.

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Primavera 2

di Stefano Giolo 1 Marzo 2008

Oggi c’è il sole della primavera.
Sole dolce, caldo.
Ed io me ne sto qui rannicchiato al buio del mio letto
con una sola lacrima a scendere dall’angolo dell’occhio.
Sto qui.
Immobile.
Sto qui in attesa che anche quest’anno passo.
In attesa di qualcosa che ormai non aspetto più.

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Sogno

di Stefano Giolo 27 Febbraio 2008

Svegliarsi il mattino da un sogno,
dolce sogno.
Dolce e forte desiderio.
Stupendo.
Svegliarsi un po’ delusi ed accoccolarsi ancora tra le coperte sperando di tornarvi almeno un po’.
Un altro po’.
Pochi istanti.
Cullarsi nel ricordo.
E poi vivere il giorno nel ricordo di quelle sensazioni dolci.
Nel sogno.

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Fiore Strappato

di Stefano Giolo 10 Febbraio 2008

09/02/2008

Fiore Strappato

In mano un fiore strappato.
Strappato anche dei petali.
Nudo.

I petali attaccati con lo scotch:
vano tentativo di salvare ciò che era un tempo.

Ma un fiore
-amore-
un fiore che ancora profuma
un fiore che ancora da gioia
un fiore che ancora può rinascere se curato.

Un fiore.
Pur sempre un fiore
-Folle Folletto-
Un fiore.

Un  fiore può rinascere da se ed esser ciò che era.
Migliore di qel che era.
Più forte.
Vero.
Vivo.

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Buio cieco

di Stefano Giolo 10 Febbraio 2008

09/02/2008

Buio Cieco

Camminavo.
Nel buio cieco forse.

Nulla attorno a me.
Ostacoli.
Ma forse era Lui a guidarmi.

Camminavo nel vuoto di mille pensieri ricordi parole momenti.

Vuoto cieco.

Poi infine mi sedetti stanco.
Mi sedetti immobile nel vuoto e appoggiai la mano
su una mano

La tua mano
mi stringeva.

Poi tutto è cambiato.

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Nutrirsi del male.

di Stefano Giolo 7 Febbraio 2008

Nutrirsi del male.
Nel bene.
Nel male.
Nel vuoto assoluto disperso di mille perché.
Nutrirsi del male altrui.
Nasconde il proprio.

Sfoga.

Si, mi capita talvolta di nutrirmi del male degli altri, non provocandolo, questo no, mai. Cercando di curarlo, dando quel che posso, se posso.
Nutrirmi del male altrui cercando di scalfirlo, e scalfendolo scalfire il mio.
Lentamente.
Poi quando tutto sarà finito… chissà.
Chissà quel che sarà sarà.

Intanto nutrirsi, vivere, essere, condividere, dare, avere.

Essere.

Soprattutto essere.

Soprattutto essere, si.

Essere.

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Àncora – Sogno

di Stefano Giolo 3 Febbraio 2008

Un ultima volta,
tra le tue braccia,
un ultima volta nei sogni ancora
e per sempre resti vivo ogni istante
sensazione
ricordo.
Un’ultima volta ancora per favore
in quel silenzio
tra il  calore dei corpi immobili.
Un ultima notte
ancora
sogno.

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Cuore

di Stefano Giolo 28 Gennaio 2008

L’ho sentito cadere.
Ho sentito cadere il cuore.
L’ho sentito cadere.
Un vuoto enorme dentro.
Enorme.
Un vuoto terribile.

Poi più niente.

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Un ricordo

di Stefano Giolo 27 Gennaio 2008

Essere un ricordo,
stupendo, dolce, delicato.
Ma essere un ricordo.
Nulla di paragonabile a ciò che invece è.

Essere un ricordo,
essere forse eterno,
immortale,
infinito,
ma essere un ricordo e non poter più agire.

Essere solo ciò che si è già stato.
Per sempre.
Essere un ricordo
pieno di sentimento e vuoto di essenza.
Essere un ricordo e nient’altro.

Nient’altro
mentre tu vivi ancora
ciò che sei,
ciò che non puoi non essere.

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Poesia

di Stefano Giolo 20 Gennaio 2008

20/01/08

Tutto questo che è stato
è stato di una purezza candida che è elevazione

un’elevazione così alta e al contempo profonda,
così vergine e limpida
che tutto quel che può essere da quell’istante
non può che essere bassezza al confronto.
Impurità.
Impudicizia per quanto vero e sincero.

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Sbagliare

di Stefano Giolo 9 Gennaio 2008

Si, ancora, ogni istante seguo le scelte sbagliate.
Ancora. Con te e non.
Il periodo è così e così vada.

Leggo “Questo Amore” di Prevert, vorrei scrivertelo.
Non lo farò, scelta giusta probabilmente, sbagliando però a scrivere che lo avrei voluto fare.

Seguo solo il flusso dei pensieri.
Sbagliando probabilmente, ma forse ora è meglio siano altri a scegliere per me, io mi siedo un po’, ok?
Tu vai avanti, non aspettarmi.
Non lo farai lo so, che lo dico a fare?

Vai allora, ci sono altri mondi oltre a questo…” (Cit.)

io me ne sto un po’ qui solo.
per il resto sia tutto nelle mani del Ka.

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Hei me… non sei tu.

di Stefano Giolo 8 Gennaio 2008

Trovare d’un tratto il mondo diverso.
Guardarsi dentro.
Chi sono?
Chi sei tu vorrai dire!?
Ma io… sono io…
Non ti conosco.
….

Guardarsi dentro e trovare un altro al tuo posto.
Chi è?

Camminargli accanto-dentro-sopra,
la gente ti guarda in faccia dicendo che sei strano
e tu vivi….
…Sentimenti?
No.
Emozioni forse.
O neppure?
Piattezza.
Rabbia verso cosa non so, aggressività.
Piattezza per il resto.

Prima riuscivi a a fare ciò che è giusto, sfiorare appena la gente, leggervi dentro, porgere la mano e attendere.
Ora sembra tutto rovesciarsi, tutto andare storto, al contrario.
Ferire.
Nessuna sensibilità.
Incapacità di comprendere.

Ma chi sei?
Chi sei tu e cosa ci fa qui dentro?
E dove sono andato io?
Ero lì, pronto ad uscire, ero lì col mio sorriso ritrovato, ero lì.
Ed ora?
Ed ora dove sono?
Dove sono-sei andato?

Ed il tempo passa,
perdo quel po’ che avevo guadagnato,
perdo quel poco che era pressoché tutto perché era ME.
Lo perdo io?
O tu?
Lui…
insomma vago disperso
rifletto
immagini di mondi che non ricordo miei
scorrono
vorrei distruggere questo specchio ma sarebbero altri milioni di specchi a ferirmi
tagli dentro
mi tagli e vuoi spazio
non ti conosco
guardo ciò di cui sono certo e lo vedo allontanarsi
tornano alla mente ricordi d’una rosa della mia mente nel passato
-che non era la mia ma la sua-
rosa fragile da proteggere in una teca
-mente-
dove soffocherà nel silenzio
l’immagine di me-lui che spacca questa teca
e la rosa che muore nel freddo dell’inverno.
Assaggiare bevande che non sanno di nulla,
lo stomaco chiuso occupato da qualcosa di vuoto.
Quando cadrò?
Quando toccherò il fondo?
Quando potrò darmi la spinta?

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M'accorgo

di Stefano Giolo 3 Gennaio 2008

M’accorgo d’essere un po criptico negli ultimi post.
Segnali a chi sa, segnali a chi non sa, mancanza di segnali, ma in pratica nulla.
Non ho scritto nulla.
Ora sto qui allora, diviso tra due sogni, da un lato un calice di Recioto dall’altro una tazza di Tè alla Cannella fatto in casa, il tè dell’accoglienza si chiamava dove mi hanno insegnato a farlo.
Solo finalmente, sul divano di casa, una casa deserta, vuota, piena solo dei suoni che ho scelto, degli odori che ho scelto, dei silenzi che ho scelto.
Il presepe che ancora attende i magi ancora lontani, su di un altro scaffale, l’albero spento.
Jazz.
E l’attesa di un sogno, di un altro.
L’odore di Cannella e di Vino dolce si spandono. Odori da gustare nel tempo ancor molto prima di saggiarne il gusto.
Gli occhi chiusi.
E il silenzio, la calma, la tranquillità.
Ebbro di tali profumi infine assaggio quel che è più consono all’istante e mi lascio scivolare addosso ciò che è la mia vita.
Sia quel che sia quel che dev’essere quel che sarà.
Sia quel che sia.
La bacchetta sbatte sul bordo del rullante, tac – tac – tac – – tatac in controtempo tac – tac – tac – – tatac, il basso parte con un semplice riff, ed infine il sax tenore inizia il suo solo, sensuale solo dal suono sornione. Si alterna col piano che fa accordi accennati.
Si unisca chi vuole alla Jam! Questa sera si suona, questa sera è Jazz!
Questa sera è Jam e non si attende che il suono di un sogno, il sogno di un suono, il rosso del caldo suono di un sorriso.
In un sogno.

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Non sono né un artista né un poeta.

di Stefano Giolo 23 Dicembre 2007

Non sono né un artista né un poeta.
Ho trascorso i miei giorni scrivendo e dipingendo,
ma non sono in sintonia
con i miei giorni e le mie notti.
Sono una nube,
una nube che si confonde con gli oggetti,
ma ad essi mai si unisce.
Sono una nube,
e nella nube è la mia solitudine,
la mia fame e la mia sete.
La calamità è che la nube, la mia realtà,
anela di udire qualcun altro che dica:
“Non sei solo in questo mondo
ma siamo due, insieme,
e io so chi sei tu”

Kahlil Gibran

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Selva di Cadore: immagine

di Stefano Giolo 19 Dicembre 2007

blankFreddo,
gelo.
e vuoto.
Eppure in lontananza i colori del calore del ricordo del tempo.
Vaghi tratti delle nubi rosse che lasceranno sempre traccia in questi luoghi.
E altrove.
E dentro.
Aspetto, niente altro che aspetto forse, ma aspetto.
Aspetto un ancora.
Aspetto un appiglio
vago tra monti
nelle albe vago
impreciso nell’aspetto.
Ma sto qui.
Ancora.

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Selva di Cadore

di Stefano Giolo 18 Dicembre 2007

Ho fatto una strana vacanza.
Dovevi esserci tu e non c’eri dove ti ho conosciuta.
C’erano amici, gente nuova, gente vecchia.
Scout, gente comune.
Mondo al rovescio.
Parlare con serietà con il più casinista ed apparentemente superficiale.
Filosofia, vita.
Sciare bene su monti senza neve, vedere monti.
Non avere carta su cui scrivere ed avere da scrivere mille parole.
I Pink Floyd. Immergersi totalmente i Shine Your Crazy Diamond

Shine On You Crazy Diamond (parts I-V)

Remember when you were young, you shone like the sun.
Shine on you crazy diamond.
Now there’s a look in your eyes, like black holes in the sky.
Shine on you crazy diamond.
You were caught on the cross fire of childhood and stardom,
blown on the steel breeze.
Come on you target for faraway laughter, come on you stranger,
you legend, you martyr, and shine!

You reached for the secret too soon, you cried for the moon.
Shine on you crazy diamond.
Threatened by shadows at night, and exposed in the light.
Shine on you crazy diamond.
Well you wore out your welcome with random precision,
rode on the steel breeze.
Come on you raver, you seer of visions, come on you painter,
you piper, you prisoner, and shine!

Splendi Diamante Pazzo (parts I-V)

Ricordi quando eri giovane, splendevi come il sole.
Splendi diamante pazzo.
Ora c

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Nubi

di Stefano Giolo 4 Dicembre 2007

04/12/2007

Nubi

Spostai le nubi e i cieli in quei giorni
perché tutto fosse perfetto.
Spostai la luna con l’aura
ma ero solo una nube passeggera e già scompaio all’orizzonte
rarefatto dal tuo sole.
Pioverò lontano.

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Zaino

di Stefano Giolo 1 Dicembre 2007

01/12/2007

Zaino

Svuotare lo zaino che gira per casa da settimane,
pronto.
Pronto a partire.
Svuotare lo zaino e rimetterlo a posto,
lo zaino che ho riempito l’ultima definitiva volta prima d’incontrarti.

Ti incontrai e non fu più l’ultima.

Svuoto uno zaino pieno di te.
Pieno di me.

Lo svuoto e resta pieno
di me
di Te.

Resto in attesa però.
Estote parati.

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Sogno

di Stefano Giolo 24 Novembre 2007

24/11/2007

Sogno

Incontro ancora la tua anima
nei sogni
in istanti in cui chiudo gli occhi e vedo

i tuoi occhi
il tuo volto

sorrido al bene che sei,
che mi hai dato,
sperando tutto questo sia una goccia -portata dal vento- d’un mare che sarà

quando
dove
perché

Ma se la vita è un sogno attenderò finché diventi realtà

sfiorare ancora una volta le tue labbra
-scambioscontroconfrontointeriore-
sentendo attraversare la mia anima dalla tua e mescolarsi
mescolarsi come terre
creare colori nuovi ogni volta,
gradazioni, toni, luci ed ombre,
e mescolarsi ancora in combinazioni infinite.

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Il nulla

di Stefano Giolo 20 Novembre 2007

Un silenzio scambiato non è come un silenzio mantenuto.

Sono più spento, freddo, lontano da un po’, è vero. Non scrivo sul BLog, non studio.
Parlo poco.
Si.
Tornerò.

Tornerai?


30/07/2006

Istanti distanti

Ci sono istanti
tra un pensiero e il successivo
tra una fine e un inizio
istanti tra un durante e un dopo

sono istanti che lasciano la sensazione del ricordo
tra i ricordi delle sensazioni vissute.
Ci sono istanti come questo
istanti distanti
e ricordi d’istanti che non morranno.
i sono momenti

Continuerò a sognare ciò che ho sempre sognato
“Hold fast to dreams, For if dreams die, Life is a broken-winged bird that cannot fly, Hold fast to dreams, For if dreams go, Life is a barren field, Frozen with snow” “Attaccati ai sogni,perche se i sogni muoiono la vita è un uccello dalle ali spezzate ke nn puo volare. Attaccati ai sogni, perche se i sogni se ne vanno, la vita è un campo ghiacciato, gelido sotto la neve”

-langston hughes-

La vita è un sogno, fanne realtà.
-Maria Teresa di Calcutta-

Continuerò a sognare.

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Siate il meglio

di Stefano Giolo 17 Novembre 2007

Siate il meglio

Se non potete essere un pino
sulla vetta del monte
siate un cespuglio nella valle,
ma siate il miglior piccolo cespuglio
sulla sponda del ruscello.

Siate un cespuglio
se non potete essere un albero.
Se non potete essere una via maestra,
siate un sentiero.

Se non potete essere il sole
siate una stella,
non con la mole vincete o fallite.

Siate il meglio di qualunque cosa siate.

Cercate ardentemente di scoprire
a che cosa siete chiamati,
e poi mettetevi a farlo
appassionatamente.

Martin Luther King da La forza da Amare

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Cascata

di Stefano Giolo 28 Settembre 2007

Labbra.
Nel silenzio
attese un’istante infinito
Brevemente lungo avvicinarsi
un tocco,
lieve
dolce,

anime che d’improvviso scorrono l’una nell’altra
come liberate d’improvviso in un tocco
scorrono veloci in un tocco

Un altro
dolce.

E ancora.

E scoprire ancora e ancora e ancora,
e mescolarsi di sensazioni nuove
inaspettate forti
e ancora volti,
occhi a guardarsi negli occhi,
e cascate
e luci
e mondi
e universi
e ancora
e ancora

e…. e poi…
e poi attendere ancora sognando quel tocco inaspettato.

28/09/2007

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Ritorno.

di Stefano Giolo 24 Settembre 2007

Perderei tutto per non perdere quel che perdo ma non servirebbe che a perdere tutto.

Cado.

Come da copione.

Troverò di nuovo equilibrio una volta a terra.
Di nuovo.
Come da copione.

Tutto ora torna mio e di nessun altro.
Nessuno con cui condividere.

Torna il nulla.
Torna il vuoto.

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Tra il verde acqua e la terra

di Stefano Giolo 9 Settembre 2007

Silenzio.
Paura.
Silenzio ancora,
poi lentamente
parole, parole, parole ancora
in mare aperto tra flutti e il sole.

E poi silenzioso il sorriso si avvicina,
lentamente in attesa
sogno
lentamente

Scocca l’istante tra il verde acqua e la terra
fiori rossi,
scontri
incontri.

Lentamente, dolcemente forte.

E vuol dire tutto, e non vuol dire nulla
ed è un sogno ed è realtà e non è un sogno ne realtà.
Dolce però,
stupendo.
Dolcemente forte.

Sorrido.

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Cresce

di Stefano Giolo 25 Agosto 2007

Osservarti.
Osservare il tuo sguardo osservare il mio.
Osservare il mio sguardo osservare il tuo che osserva il mio.
Osservare il tuo sguardo che osserva il mio che osserva il tuo che….

Osservare nel silenzio di momenti lunghi ore.
Osservare.
Stare immobile mentre il pensiero si avvicina.
Cosa ti va di fare?
(lo sai, lo so) Non so. A te?

Osservare e vivere di pienezza quel che c’è da vivere in attesa di quel che ci sarà da vivere.

E camminare accanto all’acqua,
e respirare il cielo a pieni pomoni
e scorrono le note
piano
forte
scorrono dentro.

I cigni nuotano e la luna li osserva, ci osserva
mentre qualcosa cresce lentamente
dentro

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Ricordo bene il suo sguardo.

di Stefano Giolo 22 Agosto 2007

Ricordo bene il suo sguardo.
Attraversa ancora la mia anima
Come una scia di fuoco nella notte.
Ricordo bene il suo sguardo. Il resto…
Sì, il resto è solo una parvenza di vita.

Ieri ho passeggiato per le strade come una qualsiasi persona.
Ho guardato le vetrine spensieratamente
E non ho incontrato amici con i quali parlare.
D’improvviso mi sono sentito triste, mortalmente triste,
così triste che mi è parso di non poter
vivere un altro giorno ancora, e non perché potessi morire o uccidermi,
ma solo perché sarebbe stato impossibile vivere il giorno dopo e questo è tutto.

Fumo, sogno, adagiato sulla poltrona.
Mi duole vivere in una situazione di disagio.
Debbono esserci isole verso il sud delle cose
Dove soffrire è qualcosa di più dolce,
dove vivere costa meno al pensiero,
e dove è possibile chiudere gli occhi e addormentarsi al sole
e svegliarsi senza dover pensare a responsabilità sociali
né al giorno del mese o della settimana che è oggi.

Do asilo dentro di me come a un nemico che temo d’offendere,
un cuore eccessivamente spontaneo
che sente tutto ciò che sogno come se fosse reale
che accompagna col piede la melodia delle canzoni che il mio pensiero canta,
tristi canzoni, come le strade strette quando piove.

Da Poesie Inedite di Fernando Pessoa

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Il mio passato

di Stefano Giolo 22 Agosto 2007

Il mio passato

Spesso ripeto sottovoce
che si deve vivere di ricordi solo
quando mi sono rimasti pochi giorni.
Quello che e’ passato
e’ come se non ci fosse mai stato.
Il passato e’ un laccio che
stringe la gola alla mia mente
e toglie energie per affrontare il mio presente.
Il passato e’ solo fumo
di chi non ha vissuto.
Quello che ho già visto
non conta più niente.
Il passato ed il futuro
non sono realtà ma solo effimere illusioni.
Devo liberarmi del tempo
e vivere il presente giacche’ non esiste altro tempo
che questo meraviglioso istante.

Alda Merini

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Sospeso

di Stefano Giolo 12 Agosto 2007

Sospeso in volo verso cosa non so.
Resto.
Volo.
Sospeso.
Sto.

“Non pensare.
Non farlo.”

“Vola e non pensare cosa c’è sotto.”

Aspetto.
“Aspetta. E poi fallo. E sorridi intanto.”
Sorrido.

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Nubi Rosse

di Stefano Giolo 5 Agosto 2007

Verdi falene volano
sotto nubi rosse, variegate più lunghe o corte,
Volano su rossi fiori.
Essere o non essere?
Quanto distano essere e non essere?
Non eravamo nulla io e te non contavamo nulla, eppure eravamo in due a non contare.
Eravamo in due.

Ci sono istanti tra un pensiero e il successivo,
tra una fine e un inizio
istanti tra un durante e un dopo
sono istanti che lasciano la sensazione del ricordo
tra i ricordi delle sensazioni vissute
ci sono istanti come questo
istanti distanti
e ricordi d’istanti che non morranno.

E mentre verdi falene ruotano attorno al mio zenith, e il vento muove rosse nubi variegate di ricordo ringrazio e mi inchino a chi non conta, sotto il ricordo di quella luna, di quelle stelle, delle tante parole, dei lunghi silenzi densi.

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Il lungo addio.

di Stefano Giolo 20 Luglio 2007

Tanti anni fa, ero in prima superiore ho letto da un mio amico “Il Lungo Addio”, Dylan Dog n°74. Stupendo, una storia d’amore veramente bella. Contiene una poesia stupenda, questa:

…e lunghe ore a ingannarci così
a dire lui e lei, sempre gli altri
e i palliativi sono sempre tanti
per non ammettere che siamo qui
e Charlie Brown e Mafalda e la scuola
storie un po’ vere a volte inventate
nei pomeriggi d’inverno e d’estate
di strani voli su una parola

Quando cantavo plaisir d’amour
tu mi guardavi e ridevi più forte
non lo capivi che ti facevo la corte
o forse capivi e la furba eri tu
e mi hai sospeso su un filo di lana
e mi ci terrai ancora per molto
giovane amore, fiore non colto
o forse si, ma da un’altra mano

E chi lo sa se anche tu mi vuoi bene
a volte credo di esserne certo
a volte invece sembra tutto uno scherzo
fuggono gli occhi come falene
amica mia sorella speranza
quello che vuoi io non ti dirò
quello che voglio non sentirò
quello che c’è dietro l’indifferenza

e tutto è morto e tutto è ancor vivo
e solamente tutto è cambiato
quello che provo l’ho sempre provato
e credo ancora in ciò in cui credevo
e il fiocco nero è l’unica cosa
che mi è rimasta con la malinconia
ma insieme a questa stanca anarchia
vorrei anche te, amica mia

ma dimmi tu non è meglio così?
Immaginare ed illudersi sempre
qui ad aspettare qualcosa o niente
qui ad aspettare un no o un si
che in ogni caso sarebbero fine
di tutto questo che almeno è un ricordo
così studiato giorno per giorno
fatto di tanti cristalli di brina…

Tiziano Sclavi, Dylan Dog n°74: “Il Lungo Addio”

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Il mondo di laggiù

di Stefano Giolo 12 Luglio 2007

Tutto inizia in un parcheggio sterrato al bordo del lago.
Di fronte solo il lago, l’acqua calma che ondeggia lieve, la superficie che riflette il mondo.
In fondo, dietro al lago i monti, alti, grandi, le luci dei paesi, delle città che pian piano cominciano ad accendersi, il cielo rosso che inizia a imbrunire, il sole che sta scendendo dietro ai monti lentamente.
Tutto inizia lì.
Nel silenzio, con nessuno attorno.
Poi cominciano i preparativi, tirare fuori l’attrezzatura, prepararla, montarla, controllare che tutto funzioni a dovere.
Ne va della tua vita ovviamente, e di quella dei tuoi compagni.
Vestirsi.
Entrare lentamente in acqua.
Scendere nel mondo di laggiù.
Un altro mondo.
Sotto solo il silenzio, qua e là talvolta la corrente fa sbattere qualche sasso, ma non oggi, solo il suono delle bolle che salgono.
Il buio.
Guardarsi attorno e vedere che attorno non c’è nulla se non il fondo e chilometri di buio al di fuori del fascio delle torce, vedere i colori nel fascio delle torce, i colori delle formazioni di piante intricate, i colori dei pesci sole, che ti guardano avvicinare fino a pochi centimetri senza paura alcuna, perché sanno cosa sei, sanno che non gli farai del male, piccoli lucci ti nuotano attorno, persici reali, aolette, sarde di lago, tante sarde che quasi ti vien voglia di pizza, e una sirena, una bellissima sirena.
Giu lì hai una visione del mondo che non è più la visione di fuori, i tempi sono stretti ma allungati, sai che puoi starci una quantità di tempo ridotta ma quella quantità è senza fretta, senza un solo movimento rapido. Ti lasci attraversare dal quel mondo e lasci lontano il tuo, nel vuoto, sospeso senza gravità.
Osservi in silenzio, consapevole che nessuno ti verrà a disturbare, a chiamare, a parlare. Ascolti e basta. Osservi e basta, osservi il tutto e il particolare, il vuoto che diventa il tutto.
Guardi in alto e vedi la superficie del lago muoversi, le luci lontane.
Ed infine lentamente poi torni al mondo reale, saluti quei pesci, quelle alghe, la sirena, e speri di rivederli presto. Giù, lì, ancora.

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Le cose cambiano

di Stefano Giolo 7 Luglio 2007

Sono solo a casa, da qualche giorno, ancora per diversi giorni.
La casa deserta, girando per la casa ci sono diversi mondi.
Camera mia sconvolta, disfata, in disordine, il letto sfatto.
Il salotto in ordine, pronto ad accogliere.
La cucina in fermento, ordinata, pulita ma con ancora il profumo del cibo appena cucinato, ho preparato il panino per domani, con la cotoletta e l’insalata, ho preparato la cena, carne cotta ai ferri col vino rosso, verdura.
Le tartarughe ed i pesci che mangiano felici, l’orto bagnato e sistemato.
Camera mia in disordine.
Mondi. Mondi distinti.
Il mio mondo dentro, quello che vedo io, e i mondi esterni.
Ascolto ad libitum “Alessandra” di Biagio Antonacci, di quando Biagio era un po’ più… vero forse.
Non ha nulla a che fare con il mio stato d’animo ma è sempre stata una canzone di “pausa” di riflessione. Come anche “Fata Morgana” dei Litfiba, o il primo album di Carboni, “Farfallina”, “Silvia lo sai”.
Ma perché il titolo di questo testo è “le cose cambiano”?
Ho per le mani progetti nuovi, sogni nuovi, novità.
Ieri un amico mi ha guardato negli occhi e mi ha detto il mondo. In una birra.
Una “sciafa” (per gli extra veneti si legge s-ciafa e significa schiaffo) per l’esattezza, ossia -nel locale in cui andiamo- un litro di birra con dentro un bicchiere (l’intero bicchiere di vetro) pieno di Porto Rosso.
Cos’è il mondo che ho visto? La Visione, il futuro?
Nulla in realtà.
Ma il mondo cambia, ci saranno novità.
Ieri una mia amica mi ha fatto parlare del mio mondo passato.
Ricordo (ed era tanto che non ne parlavo) gli ostacoli, la corsa ad ostacoli di un tempo. Correre. Correre.
Saltare.
Aggredire l’ostacolo.”Meglio di ieri Peggio di Domani”, si Carlo, grazie di questa frase, spero che da dove sei ora tu possa ancora ripetermela cento, mille, un milione di volte: “Meglio di ieri Peggio di Domani”.
Cosa sono gli ostacoli? “Devi partire al 100% della tua forza e arrivare alla fine al 120%”
“Accelera sempre”
“Spaccalo quell’ostacolo”
“Affrontalo come fosse un muro che devi sfondare”
(Grazie anche a te Micaela, la mia maestra di vita di allora. Chissà dove sei finita, ti avevo promesso di scrivere di te e mai ancora sono riuscito a farlo.)
L’ostacolo.
Partire al 100%, dai blocchi, alzarsi entro i primi cinque-sei metri, 13 passi. Ostacolo. Tre passi Ostacolo. Tre passi Ostacolo. Tre passi Ostacolo. Tre passi Ostacolo, e se non ci arrivi con i tre passi non allungarli, accelera, accelera e basta, è contro natura, contro la mente, ma fallo, credici. Quando avrai paura di aver sbagliato, quando avrai paura di cadere, di prendere in pieno l’ostacolo allora sarà l’ostacolo perfetto, quello che salterai perfetto.
Contro natura.
Si.
Salta però ora, sei al prossimo ostacolo, e se ti sbilanci non importa, tu accelera.
E se cadi rialzati e corri.
Ricordo quella volta, prendere dentro all’ostacolo con la seconda gamba, l’ostacolo che si impiglia tra le gambe, non c’è modo di districarsi, comincio a cadere avanti, penso “ok ora mi fermo, appoggio le mani avanti e mi fermo” e le braccia che cedono, la faccia che sbatte, parte dell’ostacolo che vola sopra la mia testa, e io che inizio a rotolare, con il resto. Ogni giro penso “ok, ora appoggio la mano e mi fermo” e mi faccio male al polso e rotolo, fin addosso all’ostacolo dopo. Resto a terra, pieno di escoriazioni, la fronte, la gamba, il braccio. Botte.
Dolore.
E poi io che vado al rubinetto, mi sciacquo le ferite, rido, vado a rimettere gli ostacoli in pista e mi rimetto ai blocchi di partenza.
Via, un altro giro.
Da quanto non è così?
O forse è ancora così?
Le cose cambiano, i sogni cambiano, le parole cambiano, i tempi di recupero cambiano. I tempi di recupero, sempre stati il mio forte quando correvo. Infortuni esclusi ovviamente.
Bene.
Ora che ne dici se si riparte?
Seguire il proprio sogno, non quello di altri.
Seguire quello che si crede, e saltare l’ostacolo. Affrontarlo, spaccarlo. E…. e se cado? Probabilmente stai facendo il migliore ostacolo della tua vita, ma se cadi davvero, non sarà l’ostacolo a farti male ma la pista e non potrai prendertela che con te stesso.
Alzati e battiti, batti te stesso, il tuo personale.
Il resto attorno non conta. Sei tu. I tuoi ostacoli, la tua pista. Mangiala la pista.

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Pinie und Blitz (Il pino e il fulmine)

di Stefano Giolo 5 Luglio 2007

Il pino e il fulmine
Alto crebbi su uomini e animali
se parlo, con me nessuno parla

Io crebbi troppo solo e troppo alto..
Aspetto: ma che cosa aspetto mai?

Troppo vicine le nubi si addensano.
io non aspetto che la prima folgore.


Pinie und Blitz
HOCH wuchs ich über Mensch und Tier;
Und sprech ich- niemand spricht mit mir.

Zu einsam wuchs ich und zu hoch-
Ich warte: worauf wart ich doch?

Zu nah ist mir der Wolken Sitz,-
Ich warte auf den ersten Blitz.

-F.Nietzsche-

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Iris.

di Stefano Giolo 4 Luglio 2007

Incontri.
Quando non ti aspetti di incontrare.
Incontri.
E scontri anche, un po’.
Chiarezza.
L’ilarità poi scorre un po’ nelle vene, nel bene e nel male, con i suoi pro e i suoi contro.
Mi guardano. Pazzo? Sei strano. Stranamente vivo.
Non che sia morto di solito, è chiaro.
Ma vivo.
Cambia l’entusiasmo, muta,
circondato da nuovi vecchi amici e vecchi nuovi amici il mondo muta.
Mi giro intorno e guardo nuovi colori spandersi nel cielo del nulla che mi circoda.
(Circondava?)
Luci, semafori mai rossi ed iris blu.
Già mi affeziono -troppo presto?- a queste immagini e colori,
scivoleranno via sulla mia pelle come il passato lontano o lasceranno segni come fossi una tela formando un quadro d’immagini inaspettate e belle?
Vivo di emozioni, ho sempre vissuto di emozioni,
e in questi giorni vivo più di altri giorni.
Grazie.

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Il cammino.

di Stefano Giolo 24 Giugno 2007

La vita.
Non è forse un cammino, interiore ed esteriore?
Oggi, ieri, ho camminato molto, viaggio esteriore ed interiore.
Con amici.
La fatica, il sudore che scende, la tua acqua che finisce, un amico ti porge la sua, e si riprende, ancora, in salita, dove non vedi nulla, dove pian piano cominci a veder e il panorama di ciò che hai passato dietro, dove poi cominci a veder finalmente una meta.
E poi sei lì. Chi ha camminato sul serio e faticato, chi per un motivo o l’alto ha preso la seggiovia, che importa?
Sei lì, lassù. E con gli altri puoi ridere del mondo, di quei puntini accaldati che neppure riesci a scorgere là lontano, tra il lago ed altri monti, nella pianura sconfinata, ovunque attorno a te, ma sotto di te.
E osservare lontano il mondo che hai abbandonato, almeno per un po’, osservarlo con attorno Il “Nessun dorma” che impera. E poi… il vento che rinfresca, quasi il freddo, e il sole.
Consumare un pasto tra amici con i Pink Floyd in sottofondo e ridere, e parlare, e confrontarsi, come il mondo la sotto non esistesse più.Scoprire una biblioteca, Gibran, Prevert, Oscar Wilde, Dickens, Dumas, Freud, Kipling, Poe, Hamingway, Nietzche, Shakespeare, Omero, libri sulle storie delle religioni, di tutte le religioni, c’è saggezza.Ti viene alla mente qualcuno da poco conosciuto, pian piano, il volerlo scoprire un po’ di più, e guardare un tramonto, le luci delle città dall’alto di un monte e pensare al desiderio soffuso e diffuso di incontrarlo ancora.
Presto.
In questi giorni un po’ del tuo futuro si sta scrivendo, decidendo, pianificando e vorresti condividerlo mentre osservi le luci della città sotto che il monte va lentamente a dormire e sopra le luci di stelle che invece staranno tutta la notte a proteggerti.
E il giorno dopo tornare a casa, accaldato e felice, un po’ più vivo, un po’ più vero, un po’ più te.
E un po’ più cotto.
Ho camminato, cammino esteriore ed interiore, ho pensato a scelte, al futuro.

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Incontri

di Stefano Giolo 20 Giugno 2007

A volte stai camminando nel nulla, nella paura di tutto e di niente, ti giri e stancamente e lentamente di lato e vedi qualcosa, qualcuno.
Poi ti senti a tuo agio,
poi sorridi e ti rilassi.
E poi?
Scorderai, vivrai, o forse cadrai.
O forse neppure queste tre cose.
La vita prosegue comunque ma da un lato restano colori soffusi nel vuoto che è un po’ meno vuoto.

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Stanotte

di Stefano Giolo 10 Giugno 2007

Ti ho sognata questa notte.
Si, è vero, è stata una notte di sogni strani, ho sognato anche di essere a scuola, tra l’altro in un’altra città, ma ti ho sognata.
Perché? Come fossi rifugio, dolcezza in cui riposarsi dopo la confusione dei giorni passati.
Ti ho sognata. Te.
Vorrei specchiarmi in te, fata.
E non ricordo nulla del sogno se non che stavo bene.

Poi d’un tratto mi sono svegliato.

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Contrapposizioni …..infine ecco la "fine".

di Stefano Giolo 14 Maggio 2007

Contrapposizioni, Il Filo Edizioni è il mio primo libro edito. Vincitore di una targa e un diploma di merito al Premio Internazionale di Poesia “San Domenichino” Città di Massa è in fine giunto a scadenza del contratto.

Sarà reperibile nelle principali librerie di Verona (in particolare da Gheduzzi e al Gelso) e ordinabile in tutte le librerie italiane ancora per qualche settimana e poi non ne sarà più garantita la reperibilità.

Dalla Prefazione:
Stefano Giolo osserva la vita attraverso un caleidoscopio di poesia che riporta le immagini di un mondo complesso. La vita appare nei suoi versi come il teatro dalle apparenti contraddizioni, in un palcoscenico di carta Stefano Giolo mette in scena l’assurdo che regola la percezione dell’essere ingabbiandola a priori in griglie di senso prestabilite. Una silloge fatta di vetri che come echi di pensieri s’infrangono nell’anima riflettendo e ricomponendo una realtè nascosta, della quale egli tenta di rivelare le profonde contraddizioni intrinseche ai diversi punti di osservazioni che si decide di adottare per comprenderla. E di svelarne la bellezza, quella che arriva improvvisa dalla vita, e che ci trova spesso impreparati di fronte a noi stessi.

Un articolo de “L’Arena” il quotidiano di Verona:

La silloge del giovane musicista alla Gheduzzi «Contrapposizioni» nella poesia di Giolo Prima di tutto il ritmo. Chissà se è un caso che il giovanissimo Stefano Giolo, veronese, classe 1982, suoni il sassofono nel gruppo latin rock jazz «Raku Quintet»: la sua prima prova poetica, intitolata «Contrapposizioni» (Edizioni Il Filo, pp. 103, euro 12), sembrerebbe proprio smentire la casualità. Si tratta infatti di un’agile raccolta dai tempi più vari che si caratterizza e che trova il suo elemento unificante nella musicalità: intesa non nel senso di una scelta metrica precisa, quanto come «orecchio», come naturale talento che il giovane poeta rivela nell’accostamento di termini che, vicini, producono di per sé una suggestione. Ce lo lascia intendere del resto l’autore stesso, nel capitolo VIII, che si intitola «Poesia. Per me». Vi leggiamo: «C’è qualcosa nell’aria questa sera. Ho voglia di scrivere, un po’ soffrire, senza dolore, come amare, senza dormire, come stare in un prato di notte sotto le stelle e sentire il respiro del mondo…». C’è un senso di trascinamento nelle parole, come se l’autore volesse farci intendere che questo per lui è poesia: un affidarsi delle cose ai suoni. Le cose infatti appaiono a Giolo come «contrapposizioni», la realtà è tensione tra sentimenti contrastanti, di cui è difficile intuire il senso e il destino. Nel suo lavoro giustamente Valentina Scacchi nella Prefazione che apre il volume afferma che in queste liriche «la vita appare come il teatro delle apparenti contraddizioni, in un palcoscenico di carta. Stefano Giolo mette in scena l’assurdo che regola la percezione dell’essere…Un sentimento di vertigine pervade questi versi che tentano di spiccare il volo ma sentono il peso della loro costrizione a terra». La musica, il respiro segreto della parola o, meglio, dell’incrociarsi delle parole, diventa la via necessaria a ridare un senso, un ordine alla realtà. E, nello stesso tempo, si pone come strumento in grado di liberare la lingua, a sua volta vittima della contraddizione inscritta nella vita, dalla non autenticità cui oggi è costretta: dulice liberazione dunque, la scrittura poetica, dalla prigione dell’esistenza ma anche dallo schematismo di scritture omologate. La ricerca di verità risulta per altro dominante anche nei contenuti: lo vediamo bene nella parte finale della raccolta, per esempio nella lirica, bellissima, intitolata Mirco, dove l’iterazione degli stessi termini scandisce l’autenticità della disperazione. O ancora in Elena, dove la brevità secca e aspra dei versi racconta l’asciuttezza impietrita del dolore di un’assenza. A riprova vale ancora quanto afferma il poeta. Quando parla di poesia, intesa anche come arte e dunque, in generale, come ispirazione, Giolo scrive infatti «contraddizioni assurde che per contraddizione/ spiegano la realtà/ perdendo allora la contraddittorietà». Il libro, premiato con una targa e un diploma di merito al concorso letterario internazionale «San Domenichino- Città di Massa», verrà presentato domani, venerdì, alle 18,30 alla libreria Gheduzzi-Giubbe Rosse in Corso Sant’Anastasia.
-Alessandra Galetto-

Voglio riportare ancora una volta i ringraziamenti che compaiono alla fine del libro
Per questo mio figlio voglio sentitamente ringraziare Assunta Reffi  che è stata per due anni, mia insegnante di lettere. Mi ha incoraggiato dopo la lettura di “Amore & Pioggia” ed è per i suoi complimenti, probabilmente, che ho continuato a scrivere. Voglio ringraziare anche Manuela, altra mia insegnante per non avermi in alcun modo spinto, per non aver creduto in me, per aver spinto il mio orgoglio verso il dimostrare che si sbagliava.

Ringrazio chi mi ha ispirato e chi crede in questo progetto e tutti gli artisti di Schegge di Cristallo (www.scheggedicristallo.com).
Ringrazio tutte le persone che mi sono state vicine in questi anni e tutte le persone che ho incontrato per caso, per pochi istanti o a lungo, che mi hanno ispirato, spinto, frenato, amato, ferito, curato, che mi hanno dato motivo di scrivere.
Ringrazio i sassi sulla riva dell’Adige e il ponte di Castel Vecchio, con i suoi scorci di Verona. Ringrazio chi me li ha fatti amare.

In fine trovo doveroso aggiungere un ringraziamento al Bencio che mi ha fatto scoprire questa casa editrice, Valentina  della casa editrice stessa che con la sua simpatia mi ha accompagnato in questi due anni tra i meandri dei concorsi letterari, tutti quelli che hanno acquistato (o che lo faranno in queste settimane) il libro in tutta Italia, Mari che mi ha aiutato nella stesura definitiva, e chiunque mi abbia fornito una critica positiva o non di ciò che ho scritto.

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Facciamo un giochino

di Stefano Giolo 4 Maggio 2007

Cari i miei “numerosissssssimi” e “affezionatissssimi” lettori, facciamo un giochino.
Fingiamo ad esempio che questa mattina mi sia arrivata una proposta editoriale. Io ho scritto tante cose negli ultimi anni, alcune di qualità decente alcune che onestamente non varrebbero una pubblicazione cartacea. Fingiamo mi propongano carta bianca sul “sa pubblicarsi”, e supponiamo pure che io abbia pure pochi giorni per decidere il materiale da mandare.
Cosa potrei pubblicare? Una delle sillogi già “preconfezionate” (Luna nuova, Rupe, Dei Sassi Della Riva Dell’Adige, Ritratti ovviamente riveduta, ripulita e corretta prima della pubblicazione), una commistione tra le varie sillogi con i pezzi di qualche tematica particolare, un nuovo percorso con alcuni dei pezzi migliori tirati fuori qua e là, una raccolta senza alcun filo conduttore?
Infine supponiamo che nell’eventualità ci fosse una pubblicazione dell’opera effettiva ci sarebbe il vostro nome nei ringraziamenti.

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L’Ombra di Edgar

di Stefano Giolo 13 Aprile 2007

Ognuno di noi accaniti lettori ha qualche autore a cui è particolarmente legato, fin da piccolo quando al compleanno un’amica mi ha regalato “Il Corvo ed altre poesie” di Edgar Poe io sono stato affascinato da questo grandissimo poeta. Edgar Poe. Allan è un secondo nome aggiunto per ricordarne il legame al patrigno che non lo trattò mai eccessivamente bene e che tentò di frenarlo nei suoi interessi artistici.
Poe è stato conosciuto principalmente e commercialmente per i suoi racconti horror, racconti che hanno insita una forma di malattia, di oscurità, un genio del thriller psicologico a dire il vero, più che dell’Horror, perché ha ben poco a che fare con ciò che chiamiamo Horror oggi, non vi sono mostri, sangue, violenza, ma solo atmosfere, immaginazione, psicologia.
Ma non è questo che mi fa amare Eddie ma la poesia. I racconti per cui era famoso erano il modo che aveva per sostentarsi economicamente, la poesia era il suo mondo, dove raccontava se stesso, il suo vero essere.
Le sue poesie a suo tempo sono state molto di spunto al mio scrivere, sono state ispirazione, sono state forse una delle maggiori spinte affinché io iniziassi a sperimentare, a capire che cosa era a attirare la mia attenzione, quali forme retoriche, quali tematiche.
Alle superiori ebbi uno dei tanti scontri con la mia insegnante di italiano del triennio superiore quando sostenni in un’interrogazione che Poe, e non Baudelaire fu il primo vero poeta decadente, anche perché Baudelaire tradusse molte poesie di Poe in gioventù, e probabilmente ne imparò a sua volta le tematiche e gli stili. Ovviamente fui cazziato, ma ricercando e ricercando infine scoprii di non essere l’unico a pensarla così, ma si sa… gli innovatori letterari devono essere Europei, non possono essere gli Americani a insegnarci qualcosa, almeno in questo campo…
Si è detto molto di Poe e in verità si conosce poco. Si è detto che fosse un alcolizzato, che fosse stato ritrovato in delirium tremens solo davanti ad un bar, e fosse morto successivamente all’ospedale, si è detto che fosse un libertino.
Ora provate a cercare una biografia, leggete. Troverete pareri discordanti, troverete addirittura biografie che non fanno più neppure riferimento all’alcool, per lo più troverete “morto in circostanze misteriose”.
Matthew Pearl con “L’Ombra di Edgar” cerca di far luce su quelle vicende. Dopo anni di studi e di ricerche, dà una sua visione, probabilmente la più vicina alla realtà, sulla vita di Edgar e sulla sua morte.

La storia viene romanzata come se a fare le indagini fosse un uomo vissuto allo stesso tempo di Poe. Questa è la trama: “Baltimora, 3 ottobre 1849: Edgar Allan Poe – scrittore di genio e inventore del prototipo di tutti gli investigatori, C. Auguste Dupin – viene trovato in stato confusionale e con indosso vestiti non suoi. All’ospedale, prima di morire, pronuncia frasi incoerenti e grida più volte “Reynolds!”. Quentin Hobson Clark, ricco ammiratore dello scrittore, vuole scoprire la verità sulla sua morte. Si mette così sulle tracce di Auguste Dupont, l’investigatore francese presunto ispiratore del personaggio di Dupin. Ma quando lo rintraccia, a Parigi, scopre che Dupont è ormai l’ombra del brillante detective che è stato. Dopo averlo aiutato a ritrovare se stesso proprio attraverso le storie di Dupin, Clark lo convince a indagare sulla morte di Poe. E mentre spunta una altro candidato al ruolo di “vero” Dupin, Dupont e Clark si ritrovano trascinati in un terribile vortice di ricatti, omicidi e letteratura che li condurrà da Parigi a Baltimora in un crescendo di misteri e di scoperte.*
Alla fine del libro, dopo aver scoperto un Poe, meno lascivo, forse meno poetico/decadente ma sicuramente più umano, più reale, più vicino a noi (e tra l’altro probabilmente astemio) l’autore spiega anche le sue indagini reali e quanto del romanzo è effettivamente frutto delle sue (e di altri) ricerche e quanto è stato inventato per dare un filo alla trama.
Ho trovato questo libro davvero avvincente, indipendentemente dal mio amore verso lo scrittore americano e consiglio davvero di leggerlo.

Edgar Poe, sul mio comodino.
Notare il corvo sulla spalla.

*Dalla recensione di Feltrinelli

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Grazie

di Stefano Giolo 16 Febbraio 2007

Ho appena ricevuto una chiamata dalla mia insegnante di italiano del biennio superiore!
Sono sempre felice quando mi chiama, la cito sempre, lei, Assunta, quando parlo in pubblico di ciò che scrivo, è bello sentire la sua stima, il suo affetto, la sua accoglienza quasi come un figlio (questo è un climax!! Mi ricordo che è stata una delle prime cose che mi ha corretto!!!). In questi ultimi giorni nonostante le vendite non eccellenti (almeno tra i conoscenti) del mio libro, e nonostante l’imminente scadenza del contratto con la casa editrice (però ho in cantiere nuovi progetti… speriamo…) ho diversi rinnovi della stima rispetto a ciò che scrivo, e questo non può che rendermi orgoglioso.
Lei, zia Petunia, e altri stanno indirizzando i loro giovani virgulti scrittori verso di me perché io possa dargli consigli (mmmm…. in realtà non so cosa posso dire di molto utile data la “cattiveria” di questo mondo letterario-culturale). Grazie. Voglio ringraziarvi per la fiducia che nutrite nei miei confronti.
Spero di riuscire in qualcuno dei nuovi progetti perché ora ho più gente a cui dedicarli.
Grazie.
Grazie di cuore, e un abbraccio.

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La Lettera d’amore

di Stefano Giolo 14 Febbraio 2007

In questo istante ho ho finito di leggere “La Lettera d’amore” di Cathleen Schine.
Bello. Davvero Bello.
Non posso anticiparvi nulla perché già vi rovinerei il colpo di scena, posso però dirvi che parla di una storia d’amore davvero molto molto bella.
Non è per nulla smelenso, è ricco di una stupenda ironia, talvolta un po’ cinica forse.
La protagonista è una Donna davvero stupenda, forte e sicura ma che nello scontro con l’amore riscopre tutta la sua fragilità.
Mi par strano parlare di un libro d’amore, ma è davvero, davvero bello, e soprattutto ben scritto.
Lo consiglio vivamente.

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da "l'Arena"

di Stefano Giolo 22 Settembre 2006

La silloge del giovane musicista alla Gheduzzi «Contrapposizioni» nella poesia di Giolo Prima di tutto il ritmo. Chissà se è un caso che il giovanissimo Stefano Giolo, veronese, classe 1982, suoni il sassofono nel gruppo latin rock jazz «Raku Quintet»: la sua prima prova poetica, intitolata «Contrapposizioni» (Edizioni Il Filo, pp. 103, euro 12), sembrerebbe proprio smentire la casualità. Si tratta infatti di un’agile raccolta dai tempi più vari che si caratterizza e che trova il suo elemento unificante nella musicalità: intesa non nel senso di una scelta metrica precisa, quanto come «orecchio», come naturale talento che il giovane poeta rivela nell’accostamento di termini che, vicini, producono di per sé una suggestione. Ce lo lascia intendere del resto l’autore stesso, nel capitolo VIII, che si intitola «Poesia. Per me». Vi leggiamo: «C’è qualcosa nell’aria questa sera. Ho voglia di scrivere, un po’ soffrire, senza dolore, come amare, senza dormire, come stare in un prato di notte sotto le stelle e sentire il respiro del mondo…». C’è un senso di trascinamento nelle parole, come se l’autore volesse farci intendere che questo per lui è poesia: un affidarsi delle cose ai suoni. Le cose infatti appaiono a Giolo come «contrapposizioni», la realtà è tensione tra sentimenti contrastanti, di cui è difficile intuire il senso e il destino. Nel suo lavoro giustamente Valentina Scacchi nella Prefazione che apre il volume afferma che in queste liriche «la vita appare come il teatro delle apparenti contraddizioni, in un palcoscenico di carta. Stefano Giolo mette in scena l’assurdo che regola la percezione dell’essere…Un sentimento di vertigine pervade questi versi che tentano di spiccare il volo ma sentono il peso della loro costrizione a terra». La musica, il respiro segreto della parola o, meglio, dell’incrociarsi delle parole, diventa la via necessaria a ridare un senso, un ordine alla realtà. E, nello stesso tempo, si pone come strumento in grado di liberare la lingua, a sua volta vittima della contraddizione inscritta nella vita, dalla non autenticità cui oggi è costretta: dulice liberazione dunque, la scrittura poetica, dalla prigione dell’esistenza ma anche dallo schematismo di scritture omologate. La ricerca di verità risulta per altro dominante anche nei contenuti: lo vediamo bene nella parte finale della raccolta, per esempio nella lirica, bellissima, intitolata Mirco, dove l’iterazione degli stessi termini scandisce l’autenticità della disperazione. O ancora in Elena, dove la brevità secca e aspra dei versi racconta l’asciuttezza impietrita del dolore di un’assenza. A riprova vale ancora quanto afferma il poeta. Quando parla di poesia, intesa anche come arte e dunque, in generale, come ispirazione, Giolo scrive infatti «contraddizioni assurde che per contraddizione/ spiegano la realtà/ perdendo allora la contraddittorietà». Il libro, premiato con una targa e un diploma di merito al concorso letterario internazionale «San Domenichino- Città di Massa», verrà presentato domani, venerdì, alle 18,30 alla libreria Gheduzzi-Giubbe Rosse in Corso Sant’Anastasia. Alessandra Galetto

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Reading poetici e presentazione di "Contrapposizioni"

di Stefano Giolo 6 Settembre 2006

Venerdì 22 settembre avrò l’opportunità grazie alla libreria Giubbe Rosse di presentare il mio libro “Contrapposizioni”, presentazione nella quale spiegherò come è stato costruito e di conseguenza come andrebbe letto per comprenderne a pieno i dettagli, ovviamente sempre lasciando totale e libera interpretazione al lettore. Leggerò alcuni pezzi e sarà possibile acquistare copie del libro.

Il 25 settembre invece sarà organizzata alle 21 al “Caffè X te” di via Pallone una serata di reading poetici. In tale ambito avrò occasione di leggere una quindicina di pezzi provenienti dalle mie principali raccolte quali Ballerina, Dei sassi della riva dell’Adige, Contrapposizioni, Rupe, e Luna Nuova. Durante la serata verranno presentati oltre a me alcuni altri poeti della zona.

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Premio internazionale di pesea "San domenichino – Città di Massa"

di Stefano Giolo 5 Settembre 2006

Ho vinto il mio primo premio letterario!!! Al premio internazionale di poesia “San Domenichino – Città di Massa”
Purtroppo per una serie di problemi contingenti non sno riuscito a presenziare alla presentazione ufficiale e quindi ho dovuto accontentarmi di farmi spedire a casa il premio e i vari articoli i giornale correlati.
Ho vinto un “Diploma d’onore”

Diploma del Premio San Domenichino
Diploma del Premio San Domenichino

e una “Targa di merito”

Targa del Premio San Domenichino
Targa del Premio San Domenichino

sono davvero felice di avere avuto questa fortuna! Tra gli altro i partecipanti erano sugli 800 poeti e il mio libro è svettato tra tutti questi!
Non credo vincerò mai un altro premio quindi sono molto orgoglioso di questo riconoscimento. Le acque ultimamente si stanno un po’ smuovendo, sto riuscendo a presentare o leggere qualcosina anche se putroppo tra pochi mesi scadrà il contratto con la casa editrice de da quel momento… chi può dire cosa potrà accadere?
Voglio ringraziare tutti quelli che mi sono stati vicini in un modo o nell’altro nella scrittura e nella pubblicazione di “Contrapposizioni”. Volgio ringraziare come già alla fine del libro Assunta Reffi, ma voglio ringraziare anche Silvia, Monica, Anna, Francesca perchè senza di esse molte cose non le avrei mai scritte e sopratutto Mariachiara perchè senza di lei questo libro sarebbe stato molto più povero e disorganico di quanto è invece risultato.
Grazie

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La mia prima targa di merito!!!!

di Stefano Giolo 24 Giugno 2006

Mi è appena arrivata la notifica che ho vinto la mia prima Targa con Diploma di segnalazione di mertito per opera prima con “contrapposizioni”!!!
Evvai!!!!!
Son troppo contento!

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